Una
campagna per cacciare Silvio Berlusconi dal Parlamento italiano. Le
prime firme sono Vittorio Cimiotta, Andrea Camilleri, Paolo Flores
d’Arcais, Dario Fo, Margherita Hack, Franca Rame, Barbara Spinelli. "E'
concessionario di frequenze televisive" e per la legge 361 del 1957 non
potrebbe aspirare a un seggio.
da Il Fatto Quotidiano.
Una petizione per cacciare Silvio Berlusconi dal Parlamento italiano. E’ Micromega che la lancia chiedendo una firma on line sul sito. Le prime firme sono Vittorio Cimiotta, Andrea Camilleri, Paolo Flores d’Arcais, Dario Fo, Margherita Hack, Franca Rame, Barbara Spinelli.
Ecco
il testo dell’appello. “Berlusconi non era e non è eleggibile. Lo
stabilisce la legge 361 del 1957, che è stata sistematicamente violata
dalla Giunta delle elezioni della Camera dei deputati.
Nel
1994 (maggioranza di centro-destra) e nel 1996 (maggioranza di
centro-sinistra, primo governo Prodi), un comitato animato da Vittorio
Cimiotta (“Giustizia e libertà”) e composto da Roberto Borrello,
Giuseppe Bozzi, Paolo Flores d’Arcais, Alessandro Galante Garrone,
Ettore Gallo, Antonio Giolitti, Paolo Sylos Labini, Vito Laterza, Enzo
Marzo, Alessandro Pizzorusso, Aldo Visalberghi, e sostenuto da una
campagna stampa del settimanale “l’Espresso”, organizza i ricorsi dei
cittadini elettori, ricorsi che vengono respinti dalla Giunta delle elezioni
della Camera (con l’unico voto in dissenso dell’on. Luigi Saraceni, che
il centro-sinistra non confermerà nella Giunta del 1996) con la
motivazione che l’articolo 10 comma 1 della legge dichiara in effetti
che non sono eleggibili “coloro che in proprio o in qualità di
rappresentanti legali di società o di imprese private risultino
vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni,
oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica”,
ma che “l’inciso ‘in proprio’ doveva intendersi ‘in nome proprio’, e
quindi non applicabile all’on. Berlusconi, atteso che questi non era
titolare di concessioni televisive in nome proprio”.
“Palese
interpretazione da azzeccagarbugli, poiché come scrisse il presidente
emerito della Corte Costituzionale Ettore Gallo ‘ciò che conta è la
concreta effettiva presenza dell’interesse privato e personale nei
rapporti con lo Stato’. Tanto è vero che la “legge Mammì”
del 6 agosto 1990, n° 223 sulla disciplina del sistema radiotelevisivo
pubblico e privato stabiliva all’art. 12 il “Registro nazionale delle
imprese radiotelevisive” e all’art. 17 comma 2 precisava che “qualora i
concessionari privati siano costituiti in forma di società per azioni
ecc. … la maggioranza delle azioni aventi diritto di voto e delle quote
devono essere intestate a persone fisiche, o a società ecc. … purché
siano comunque individuabili le persone fisiche che detengono o
controllano le azioni aventi diritto al voto”.
“MicroMega decide perciò di riprendere quella battaglia di legalità ormai ventennale attraverso due iniziative: un appello di un gruppo di personalità della società civile,
sui cui raccogliere on line le adesioni di tutti i cittadini (con
l’obiettivo di migliaia e migliaia di firme), e il fac-simile del
ricorso, che potrà essere attivato da ogni elettore del collegio
senatoriale per il quale opterà Berlusconi. Nell’ultimo giorno valido
(20 giorni a partire dalla proclamazione degli eletti), MicroMega
organizzerà la consegna di massa dei ricorsi alla Presidenza e alla
Giunta delle elezioni del Senato”.
Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03/01/berlusconi-petizione-di-micromega-fuori-dal-parlamento-non-e-eleggibile/516927/.
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