Programma di Alternativa-Politica

domenica 29 dicembre 2013

Reddito garantito: 1300 euro in Danimarca, 460 in Francia. In Italia giacciono in Parlamento proposte di legge mai discusse

L’ultima ad entrare nel club è stata l’Ungheria, nel 2009. Tutti gli altri paesi dell’Europa a 28 (tranne Italia e Grecia) hanno adottato da tempo forme di reddito minimo garantito per consentire ai loro cittadini più deboli di vivere una vita dignitosa, così come l’Europa chiede fin dal 1992. Strumento pensato per alleviare la condizione di insicurezza di chi vive al di sotto della soglia di povertà, in caso di perdita del lavoro il reddito minimo scatta quando è scaduta l’indennità di disoccupazione (che in Italia è l’ultima tutela disponibile) e il disoccupato non ha ancora trovato un nuovo impiego. Ma nell’Ue ne beneficia anche chi non riesce a riemergere dallo stato di bisogno nonostante abbia un lavoro. Negli ultimi anni la tendenza generalizzata, secondo il rapporto The role of minimum income for social inclusion in the European Union 2007-2010 stilato dal Direttorato generale per le politiche interne del Parlamento Ue, è stata quella di razionalizzare i vari sistemi, cercando di legare più che in passato il sostegno a misure per rafforzare il mercato del lavoro in modo da creare occupazione e ridurre il numero dei beneficiari. Ma il reddito minimo continua ad assolvere alla sua funzione: quella di ultimo baluardo garantito dagli Stati contro l’indigenza.     CONTINUA

FONTE:

giovedì 12 dicembre 2013

GIULIETTO CHIESA

Piccolo manuale per l’attivista “alternativo” di base.


1) Non dimentichiamo che tutti noi siamo figli della società in cui viviamo. Che, come sappiamo, ha bisogno di riparazioni sostanziali. Anche ciascuno di noi ha bisogno di riparazioni.

2) Tutti faranno qualche errore. Comprendere gli errori degli altri significa attrezzarsi per vedere i propri.

3) La gerarchia delle conoscenze dev’essere riconosciuta, apprezzata e utilizzata.

4) Nella fase in cui si discute, la gerarchia delle conoscenze deve essere sempre tenuta presente.

5) Nella fase delle decisioni non c’è alcuna gerarchia, e il diritto di ognuno a scegliere è identico a quello di ogni altro.

6) Quasi nessuno di quelli che arrivano ad Alternativa ha esperienza di organizzazione. L’organizzazione si impara, e poi la si insegna, non è un dato di partenza ma di arrivo.

7) Quando una riunione a qualsiasi livello si conclude senza che ciascuno dei suoi partecipanti abbia ricevuto un incarico specifico, si può essere sicuri che è stato fatto almeno un errore. Tutti devono avere qualche cosa da fare.

L’attività di proselitismo è attività politica primaria. Essere membro di Alternativa e non fare nessuna azione di proselitismo è una contraddizione in termini.

9) Ci sono molti modi per fare azione di proselitismo. Si richiede, per questo, inventiva e fantasia.

10) Ogni modo di agire richiede una fase di preparazione e una fase di esecuzione. Entrambe vanno studiate con attenzione.

11) Non tutti sanno (o possono) fare tutto. Ognuno deve mettere l’asticella alla propria altezza. Troppo in alto è sbagliato, ma anche troppo in basso è sbagliato.

12) Tutti possono fare qualche cosa. Se uno o una si accorgono di non stare facendo niente per Alternativa, allora c’è un problema.

13) Non esistono attività di proselitismo di qualità inferiore o superiore. Raccogliere le olive e vendere l’olio per finanziare Alternativa non è meno importante che scrivere un articolo per Megachip.

14) L’attività di finanziamento dell’organizzazione non è qualche cosa di extra, cui si pone attenzione dopo avere discusso di politica. Senza soldi non esiste organizzazione. Senza soldi non esiste politica. Senza soldi si chiacchiera e basta. Se non si distribuiscono compiti che conducono alla raccolta di fondi vuol dire che è in corso un errore operativo e politico.

15) L’attività di finanziamento non è prerogativa o incombenza di qualcuno: è compito di tutti.

16) L’attività di finanziamento è attività politica primaria. E’ il momento in cui si esce all’esterno e si va in cerca di interlocutori .

17) Raccogliere denaro non è fare la questua: è uno scambio. Noi regaliamo idee e proposte e chiediamo, in cambio, di essere sostenuti e aiutati.

18) Il contatto con l’esterno, con persone “altre”, richiede molta cura. Preliminarmente occorre sapere che, di regola, gli altri che incontriamo non sanno cos’è un’organizzazione. Spesso ne hanno timore.

19) In un’organizzazione di volontari la presenza di una persona che dirige il gruppo è decisiva. Se non c‘è una responsabilità, dopo un tempo più o meno lungo, l’attività finisce nel nulla.

20) In un’organizzazione di volontari la continuità dell’azione non è un dato acquisito. Deve essere verificata quotidianamente. C’è sempre qualcuno che si dimentica, che non può, che se ne va senza passare le consegne.

21) Un alternativo deve sapere di essere diverso dalle persone cui si rivolge. Questa diversità lo contraddistingue.

22) Il messaggio alternativo è un messaggio difficile. Se si pensa che sia facile non lo si può comunicare. Oppure se si ha paura della difficoltà, semplicemente non lo si comunica.

23) Il lavoro di gruppo può funzionare soltanto se i suoi membri coltivano il rispetto reciproco e la tolleranza.

24) Chi entra in un gruppo pretendendo che sia il gruppo a capire lui, o lei, finirà per distruggere il gruppo.

25) Un gruppo diventa forte e coeso se ha un patrimonio comune di conoscenze. Dunque una delle cose più importanti è studiare e leggere insieme.

Giulietto Chiesa
Presidente di ALTERNATIVA

mercoledì 11 dicembre 2013

Uscire al più presto dall’illegalità

 
La sentenza della Corte Costituzionale ha di fatto cancellato gli ultimi sette anni e mezzo di vita politica italiana. Inclusa la doppia elezione di Napolitano. La legge elettorale attuale è dichiarata incostituzionale: ha permesso l’elezione di un parlamento di nominati. Il premio di maggioranza è incostituzionale anch’esso. Il Presidente della Repubblica intende, ancora una volta, imporre al paese una propria interpretazione di questa gravissima crisi. Le sue dichiarazioni indicano che egli vorrebbe affidare a questo “parlamento del porcellum” il compito di modificare la Carta Costituzionale. A un parlamento delegittimato non possono essere affidati poteri di questo genere.  Il presidente Napolitano intende legittimare se stesso e il proprio operato attraverso un parlamento che ha perduto la sua dignità rappresentativa. Questo parlamento può fare una sola cosa: ratificare la decisione della Consulta e modificare la legge elettorale inserendo le preferenze. E cancellando il premio di maggioranza. Poi si torni al voto, con il proporzionale, come dice la Consulta. Solo il nuovo parlamento, legittimato finalmente dopo anni di sospensione della democrazia, potrà legiferare con pieni poteri. Il presidente Napolitano deve prenderne atto, magari dimettendosi, per avere contribuito a un tale sfascio e  per avere di fatto dettato la creazione del disastroso tentativo delle larghe intese. Questo è l’unico modo per ripristinare lo stato di diritto in Italia. Le manifestazioni di protesta che si estendono nel paese  dicono che la rabbia e l’indignazione stanno superando i limiti di guardia. Occorre che i poteri ascoltino con umiltà la voce del paese. Solo un parlamento legittimo può farlo. Chiediamo agli italiani di unirsi per cambiare l’Italia e per contribuire al cambiamento dell’Europa.
Paolo Cacciari – Italo Campagnoli – Giulietto Chiesa – Antonio Ingroia – Edoardo Nannetti  - Maurizio Pallante
fonte:ALTERNATIVApolitica












sabato 7 dicembre 2013

Presidio alla Prefettura: subito il “bomb jammer” per Di Matteo!

di Lorenzo Baldo - 6 dicembre 2013 - FOTOGALLERY
Alla manifestazione indetta dalle Agende Rosse anche l’on. Giulia Sarti della Commissione antimafia
Palermo. Il primo a non accettare di essere stato preso in giro è Salvatore Borsellino. Non gli va giù che tre giorni fa il vicepremier, Angelino Alfano, in occasione della riunione del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza, abbia recitato la parte del “difensore” dei magistrati minacciati. Quel giorno, prima in un incontro riservato con il fratello di Paolo Borsellino, e poi durante la conferenza stampa, il ministro dell’Interno aveva dichiarato di “aver reso disponibile il bomb jammer” per l’auto di Nino Di Matteo. Il ministro, però, si era scordato di dire un particolare importante e cioè che l’utilizzo di questo speciale congegno, che disattiva gli impulsi dei telecomandi per eventuali congegni esplosivi, era subordinato alla realizzazione di specifici test sulla sua dannosità per la salute dell’uomo la cui tempistica non è nota.
segue:ANTIMAFIADUEMILA

“Corleone non dimentica”, nuove minacce di Riina al pm Di Matteo

di Aaron Pettinari - 5 dicembre 2013
Nuovi “strali” e venti di minaccia arrivano dal carcere “Opera” di Milano. Ancora una volta è il boss corleonese Salvatore Riina ad emettere “sentenze di morte” nei confronti del sostituto procuratore di Palermo, Antonino Di Matteo, membro del pool che si sta occupando del processo sulla trattativa Stato-mafia. La notizia era emersa già nei giorni scorsi durante il comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza che si è tenuto a Palermo, presieduto dal ministro dell'Interno Angelino Alfano. Oggi però se ne apprendono i contenuti. Il capomafia è stato ancora una volta intercettato mentre parlava con un boss della Sacra corona unita. Le microspie hanno registrato le seguenti parole, lo scorso 14 novembre, ovvero il giorno dopo che era stata pubblicata la notizia di altre sue esternazioni di minaccia nei confronti del magistrato e in cui si manifestava la possibilità di un trasferimento del pm, per motivi di sicurezza, in una località segreta. “Questo Di Matteo non ce lo possiamo dimenticare. Corleone non dimentica” ha detto il “Capo dei capi” durante l'ora d'aria. E al mafioso pugliese che gli chiedeva come avrebbe fatto ad eliminarlo se l'avessero portato in una località riservata, Riina avrebbe risposto: “Tanto sempre al processo deve venire”. segue: ANTIMAFIADUEMILA
 

martedì 3 dicembre 2013

Grand Theft Auto V: perché una campagna contro

A Natale, genitori zombi lo regaleranno ai figli, affinché lo diventino anche loro. Serve boicottarlo e smetterla di "divertirsi da morire" [Giulietto Chiesa]



di Giulietto Chiesa.

È uscito un film molto speciale, che dura quanto vuole chi l'ha comprato. Nel quale gli attori li muove lo spettatore, che diventa quindi protagonista. Guarda un po' che progressi verso la "partecipazione" e la rottura dello schema della tv, così "autoritario" e unidirezionale. Evviva! 
 
In verità, per diradare l'entusiasmo si dovrà dire subito che lo spettatore/attore di questo film è protagonista solo in un certo senso, molto speciale. La sceneggiatura è infatti già scritta o, per meglio dire, disegnata. E chi guarda e pigia i bottoni della PlayStation può certamente influire sugli eventi, ma è come se si muovesse sui binari tracciati da qualcun altro.

Diciamo, prima di tutto, quanto è costato farlo, questo film, perché i numeri sono quelli che contano. Soprattutto per chi lo ha ideato e prodotto. È costato più di ogni altro film mai realizzato nella storia del cinema, salvo uno di Walt Disney, cioè 266 milioni di dollari. Non si sa quanta gente ci ha lavorato, ma sono alcune migliaia di persone, ciascuna delle quali - come tra poco vedremo - ha dato il suo contributo a una operazione culturale devastante per il tenore intellettuale e morale di chi vive, e vivrà, su questo pianeta. Contributo molto differenziato, a seconda del posto che costoro hanno occupato nella produzione. Più o meno come hanno fatto e fanno i produttori di armi, per esempio di cacciabombardieri F-35. Perché, come vedremo tra poco, anche questo film è un'arma. E non (solo) un'arma di "distrazione di massa", ma di vera e propria distruzione di massa. Solo che in questo caso la distruzione è intellettuale e morale, e riguarda coloro che lo comprano e se ne servono. È come se qualcuno andasse in un negozio e si comprasse una bomba a esplosione ritardata, e poi se la mettesse addosso per farsene maciullare. Ricordate quell'altro film, di Woody Allen?        vedi tutto:megachips

domenica 17 novembre 2013

Riina ordina: "Uccidete Di Matteo" (E adesso il CSM da che parte sta?)

Nel mirino anche i pm della trattativa e Scarpinato.
di Giorgio Bongiovanni e Aaron Pettinari - 13 novembre 2013
Il “capo dei capi”, Salvatore Riina, è tornato a far sentire la propria voce. Lo avrebbe fatto da dietro le sbarre, detenuto al 41 bis, con poche parole urlate ad un compagno di carcere qualche giorno fa: “Di Matteo deve morire. E con lui tutti i pm della trattativa, mi stanno facendo impazzire”.
Le parole sarebbero state sentite da un agente della polizia penitenziaria che ha immediatamente avvertito i superiori. A dare la notizia è oggi il quotidiano La Repubblica e chiaramente le nuove minacce alimentano a far puntare i fari attorno al sostituto procuratore di Palermo e tutto il pool che sta seguendo le indagini sulla trattativa Stato-mafia, ovvero il procuratore aggiunto Vittorio Teresi ed i sostituti Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene.
Secondo quanto riferito dal quotidiano lunedì scorso si è riunito il comitato per l'ordine e la sicurezza presieduto dal prefetto Francesca Cannizzo.
E per Di Matteo si sarebbe valutata anche la soluzione estrema di un trasferimento in una località segreta assieme alla famiglia. Lo stesso che accadde per i giudici Falcone e Borsellino quando vennero trasferiti all'Asinara con i familiari per ultimare in sicurezza la stesura dell'atto d'accusa del maxi processo.
Già in estate il livello di sicurezza di Antonino Di Matteo era stato innalzato al massimo livello in seguito alle lettere anonime che facevano riferimento ad un attentato pronto nei suoi confronti. E anche per gli altri magistrati del pool, anche loro già minacciati di morte con intrusioni in casa ed intimidazioni, la situazione resta di allerta. Il comitato ha stabilito di chiedere al ministero dell'Interno un ulteriore impegno, magari dotando la scorta di Di Matteo e degli altri di un "jammer" (il dispositivo anti bomba che blocca i segnali radio telecomandati nel raggio di 200 metri).
Secondo quanto riportato da Repubblica Riina avrebbe indicato tra gli obiettivi da uccidere anche il procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, che fino a qualche mese fa, a Caltanissetta, si è occupato della revisione del processo per la strage di via D'Amelio.
Sul perché Riina abbia pronunciato ora, alla soglia degli 83 anni (fra tre giorni è il compleanno ndr) quelle frasi si possono fare mille supposizioni. Forse si è stufato di dover pagare per tutti e come ultimo gesto ha intenzione di riavviare una nuova stagione di stragi. Forse lo hanno fatto arrabbiare le parole del collaboratore di giustizia Onorato, sentito al processo la scorsa settimana, che ha fatto rivelazioni sulla morte del generale dalla Chiesa, spiegando che fu lo Stato, ed in particolare le figure di Andreotti e Craxi, ad “usare” Cosa nostra per quell'eccidio. Forse si tratta di parole preventive per quello che potrà dire Antonino Giuffré il prossimo 21 e 22 novembre. Quel che è certo è che, qualora la notizia data da Repubblica sia accertata e confermata dalle autorità preposte, quelle sono parole pronunciate dal vero capo di Cosa nostra perché, non va dimenticato, non si è mai riunita la Commissione per destituirlo. Era questo il problema che si ponevano gli stessi boss Capizzi, Adelfio e Scaduto, ai tempi dell'operazione Perseo nel 2008, quando volevano ricomporre una nuova Commissione provinciale. E Messina Denaro, che di Riina e Provenzano ha raccolto il testimone di leader in seno all'organizzazione criminale, è storicamente appartenente all'ala dei corleonesi. Per questo motivo le nuove minacce provenienti dal carcere vanno prese in grandissima considerazione e fanno temere il riproporsi di una nuova stagione di sangue.
Adesso aspettiamo che alcuni lorsignori del Consiglio superiore della magistratura e delle varie correnti settarie ed arroganti della stessa si cospargano il capo di cenere come i niniviti di biblica memoria e dicano “mea culpa, mea maxima culpa”. Ci aspettiamo, non solo che vengano archiviate tutte le pratiche disciplinari, se ci sono, contro Di Matteo ed il pool sulla trattativa, ma anche che venga espressa solidarietà pubblica in modo da creare una catena di forza della magistratura per proteggere la vita di questi colleghi in prima linea e quella delle loro famiglie in modo da permettere agli stessi di portare a termine il proprio lavoro d'indagine su una delle pagine più buie della storia del nostro Paese.
In questo modo non si darebbe un segno solo a Riina e a Cosa nostra ma a tutti quei poteri occulti che con lei hanno organizzato le stragi. Sarebbe una linea di protezione forte e congiunta assieme a quella parte di politica onesta, opposta a quella che da sempre non ha voluto sconfiggere la mafia, e alla società civile che vuole davvero raggiungere la verità proteggendo i magistrati.

Foto originale © Castolo Giannini
Rielaborazione grafica a cura di ACFB

Agende Rosse: ‘Rompiamo il silenzio sulle minacce a Nino Di Matteo e Fabio Repici’

di Salvatore Borsellino e il Movimento delle Agende Rosse - 15 novembre 2013

“Si muore quando si è lasciati soli” (Giovanni Falcone).

In passato le storie di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ci hanno insegnato che chi sceglie di affrontare le collusioni tra criminalità organizzata e potere si ritrova isolato e delegittimato anche da pezzi delle stesse Istituzioni. Oggi la storia si ripete.
 
Il capo di Cosa Nostra, Salvatore Riina, detenuto a regime carcerario 41-bis, pochi giorni fa ha minacciato il PM Nino Di Matteo e tutti i magistrati che si occupano dell’inchiesta sulla trattativa avvenuta tra pezzi dello Stato e di Cosa Nostra nel biennio ’92-’93. "Di Matteo deve morire. E con lui tutti i pm della trattativa, mi stanno facendo impazzire – ha urlato Totò Riina ad un altro detenuto –. Quelli lì devono morire, fosse l'ultima cosa che faccio".
 
Il 17 ottobre Rosario Pio Cattafi, imputato a Messina per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso con l’aggravante di aver promosso e diretto l’organizzazione mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto, ha pesantemente minacciato l'avvocato Fabio Repici. "Avrei dovuto prendere a schiaffi l'avvocato Fabio Repici, mi pento di non averlo fatto – ha affermato Cattafi –. Auguro con tutto il cuore all'avvocato Repici di subire tutto quello che ha fatto subire ad altri". Cattafi è attualmente detenuto a regime carcerario 41-bis ed è pregiudicato per i reati di lesioni, porto e detenzione abusivi di arma, cessione di sostanze stupefacenti e calunnia.
Leggi tutto...



ARTICOLI CORRELATI

Ingroia: “Un comitato d'inchiesta sulla Trattativa Stato-mafia all’interno della Commissione antimafia”

Riina e la terra del coccodrillo
Cosa si nasconde dietro alle minacce di morte del capo di Cosa Nostra?

Riina, lo stato e le minacce a Di MatteoNon siate indifferenti: manifestazione a sostegno dei magistrati del pool Trattativa - 18 Novembre



FONTE: antimafiaduemila

sabato 9 novembre 2013

10 Sintomi che la Elite sta Perdendo il Controllo

Di E. Blair
 
Traduzione di Anticorpi.info

Il karma sta per presentare il conto alla élite. Proprio come i Powers That Be (i potenti - n.d.t.) stanno sperimentando un devastante arresto per i loro piani di guerra in Siria, da tempo sono riconoscibili molti altri sintomi del declino del loro dominio sulla umanità.

Negli ultimi dieci anni l'élite globale è stata impegnata in una folle corsa per consolidare il proprio potere sul mondo. Lo scopo infatti è proprio quello, benché sembri l'intento di un 'cattivo' da fumetto. Dopo il 9/11 il piano ha avuto una fortissima accelerazione che ci ha condotti alla crisi finanziaria del 2008, fino ad oggi.

Ciò nonostante il piano è destinato a fallire, perché gli esseri umani sono destinati ad assumere il controllo della loro esistenza ed a liberarsi da chi vorrebbe manovrarli come fossero bestiame. Quanto più l'elite si impegna per controllare l'umanità, tanto più per reazione si incrementa l'entropia. Entropia, per chi non lo sappia, è la assenza di ordine e prevedibilità che conduce ad un graduale declino verso il disordine.

Sebbene l'elite goda ancora di un enorme vantaggio economico sulle masse, ormaisi sono visti costretti a tirare giù la maschera e comportarsi apertamente come tiranni nel tentativo di mantenere il controllo. Tutto ciò naturalmente ha messo allo scoperto il lato oscuro che per secoli sono riusciti a nascondere. Ora non più.

La gente si sta risvegliando a frotte, alla stessa velocità con cui l'elite sta cercando di ultimare la costruzione della sua matrix. Che ci provino. Parafrasando Victor Hugo: "Nessun esercito può fermare un'idea, quando giunge il suo tempo."

Ecco dieci sintomi che indicano che le elite stanno perdendo il controllo sulla gente:

1. Le 'versioni ufficiali' non attaccano più.
C'è stato un tempo in cui le bugie ufficiali, in particolare quelle sulla guerra e la pace, riscuotevano il credito della gente. Perché, dopotutto, quanto malvagio e immorale devi essere per mentire su certi argomenti? Le persone sono portate a credere che quando chi comanda parla di questioni di vita o di morte, dica la verità. Ma ormai il tizio che grida al lupo al lupo ha gridato una volta di troppo. A questo punto se anche si mettessero a dire la verità, sarebbero proprio pochi quelli disposti a credere alle loro parole.

2. Sfiducia nella politica.
I politici americani hanno un indice di gradimento irrisorio. La fiducia nel governo è ai minimi assoluti qui e in tutto il mondo. Sondaggi main-stream indicano che solo il 10% del pubblico ha fiducia nel Congresso. In altre parole, il 90% della gente ha smesso di credere che questa gente sia in grado di governare.

3. Sfiducia nei mezzi di comunicazione.
I più recenti sondaggi indicano che il 77% della popolazione non si fida dei notiziari main-stream. C'è dunque da meravigliarsi se i media dello establishment non siano riusciti a vendere le menzogne ​​sul presunto evento chimico in Siria? Nonostante tutta la loro potenza di fuoco hanno fatto cilecca; non è più possibile sostenere che il nero sia bianco solo perché i burocrati hanno deciso che sia così.

4. Banchieri respinti.
L'Ungheria recentemente è diventata il primo paese a seguire l'esempio islandese;ha sbattuto la porta in faccia ai banchieri internazionali (FMI) e sta valutando l'idea di incriminare tutti i passati primi ministri che hanno permesso che il popolo fosse schiavizzato con il debito.

5. Brusca inversione di rotta del Vaticano.
Sotto il precedente Papa, Benedetto XVI, si sono susseguiti scandali a ripetizione in Vaticano, dalla pedofilia, al riciclaggio alla frode. Benedetto, in una mossa senza precedenti, improvvisamente si è ritirato per far posto ad un Papa apparentemente molto più simpatico. Papa Francesco sta lavorando furiosamente per rimettere in sesto la reputazione della Chiesa. Si dice che la Chiesa sia stata costretta ad una tale svolta drastica per arrestare l'emorragia di credibilità.

6. Ammutinamenti tra i soldati.
Finalmente. I soldati, a cui la legge impedisce di rilasciare dichiarazioni politiche, hanno iniziato ed esporsi e pronunciarsi contro l'avventurismo militare statunitense.Come disse Einstein: 'I pionieri di un mondo senza guerre saranno i giovani che rifiuteranno di arruolarsi negli eserciti.'

7. Stato di polizia militare.
Uno dei sintomi più preoccupanti del declino dell'élite si evince dallo allestimento di uno stato di polizia militare specificamente addestrata per combattere i disordini interni. Poliziotti locali equipaggiati di carri armati ed altri attrezzi bellici che operano in squadra con i federali; unità militari che - per la prima volta nella storia di questo paese - presidiano porzioni di territorio americano; la rete di spionaggio della NSA è utilizzata da IRS e DEA, e l'abolizione del giusto processo per gli americani sospettati di attività sovversive sono solo alcune delle mosse tiranniche realizzate dalle elite criminali per proteggersi dal popolo. Tutto ciò rivela che sono chiaramente spaventati, e che hanno la coda di paglia per ciò che hanno fatto al popolo americano e alla Costituzione.

8. Forti movimenti secessionistici.
Negli USA i movimenti secessionistici stanno proliferando (Colorado e California). In Europa movimenti di secessione stanno sviluppandosi in Spagna e in Scozia, e diversi stati dell'UE stanno ponderando l'idea di abbandonare la moneta unica. Decentramento = Entropia!

9. Alimenti OGM rigettati ovunque.
Se controlli il cibo controlli le masse. Vero in teoria, ma molto difficile all'atto pratico. I leader degli OGM come la Monsanto ormai si sono esposti. Tutta la loro forza economica e politica nulla può contro la diffusione della conoscenza sui pericoli di pesticidi imbevuti di Frankenstein. Interi campi di OGM vengono incendiati in segno di protesta in America e in tutto il mondo; le nazioni informate continuano a rifiutare i loro prodotti e le leggi in materia di etichettatura stanno guadagnando trazione.

10. Cannabis libera.
Molti leggendo questo punto penseranno che la legalizzazione della marijuana sia uno sviluppo superficiale. Tuttavia, si tratta di un grande cartello in mano alle élite che va svanendo. Ingenti risorse sono state spese per mantenere la cannabis illegale. Da secoli la cannabis è un farmaco efficace per la salute fisica, mentale e spirituale.Questo singolo, minuscolo punto rappresenta una enorme minaccia per le strutture di potere e le loro industrie. E' questo il motivo della sua insensata proibizione. L'inversione della politica tirannica improntata sulla proibizione segnerà la loro fine. 

Articolo in lingua inglese, pubblicato sul sito Activist Post
Link diretto:
http://www.activistpost.com/2013/09/10-signs-global-elite-are-losing-control.html

Traduzione a cura di Anticorpi.info

Fonte: anticorpi.info 

sabato 2 novembre 2013

L'Ungheria ha vinto contro la Troika, ora aumenta le pensioni!

2 nov 2013 - Budapest - Mentre il governo sta massacrando e impoverendo gli italiani con misure lacrime e sangue l'Ungheria sta andando nella direzione opposta grazie alla messa in atto di misure aventi lo scopo di aiutare le fasce deboli e rilanciare l'economia.Questa rivoluzione e' iniziata alcuni mesi fa quando il governo ungherese, con una mossa a sorpresa, ha deciso di estinguere con due anni di anticipo il debito contratto col Fondo Monetario Internazionale e chiesto ai suoi funzionari di chiudere il loro ufficio e lasciare il paese.


Una volta libero da pressioni ricattatorie l'esecutivo ungherese ha iniziato ad adottare una serie di misure volte a stimolare i consumi e incrementare il reddito delle famiglie  quali la riduzione del 10% dei prezzi di gas naturale, luce e riscaldamento centralizzato,  acqua, nettezza urbana, raccolta di rifiuti e rimozione scarti e dal primo Novembre sarà effettivo un taglio ulteriore dell'11,1% su luce, gas e riscaldamento.

Inoltre il governo aumenterà le pensioni del 2,4% allo scopo di preservarne il potere di acquisto (il settimo ritocco al rialzo delle pensioni in tre anni e mezzo), una modifica che inciderà sulle tasche di 2,8 milioni di persone.

Quello che sta accadendo in Ungheria dimostra i vantaggi di avere un governo che non e' schiavo dei poteri forti e il silenzio dei mezzi di informazione la dice lunga sugli effetti nefasti che tali organizzazioni hanno sul nostro paese nonche' sul servilismo di molti giornalai di regime.

Giuseppe De Santis 

Fonte: ilnord.it

Dichiarazione shock di Antonio Marfella:

Dichiarazione shock di Antonio Marfella: “Scoprire che Giorgio Napolitano era il Ministro dell’Interno all’epoca delle dichiarazioni segretate di Schiavone è una pugnalata al petto”. 

Le dichiarazioni fatte dal boss pentito Carmine Schiavone nel lontano 1997 alla Commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e rimaste segrete fino ad oggi, sono davvero raccapriccianti. I Casalesi intascavano 500 mila lire a fusto smaltito quando l’operazione regolare sarebbe costata circa due milioni e mezzo. “Entro venti anni gli abitanti di numerosi Comuni del casertano rischiano di morire tutti di cancro”, ha detto Schiavone alla Commissione, a causa della pericolosità dei rifiuti industriali, sotterrati anche a trenta metri di profondità, ma “tuttavia quel traffico veniva già attuato in precedenza. Gli abitanti della zona rischiano tutti di morire – avverte il boss – Non credo infatti che si salveranno: gli abitanti di paesi come Casapesenna, Casal di Principe, Castel Volturno e così via, avranno, forse, venti anni di vita”. Questa è la frase che ha colpito di più in questi giorni l’opinione pubblica: ricordiamo che era il lontano 1997 quando sono emerse tali informazioni da verificare sul territorio. Esattamente sedici anni fa, quando il pentito ha fatto queste terribili rivelazioni.

Ancora più sconcertante è sapere che fino ad oggi non è stato fatto nulla per salvaguardare le vite umane. All’epoca dei fatti “il Governo non aveva soldi per farlo”, ha riferito il boss Schiavone nell’intervista di venerdì scorso alle Iene. Sulla sua pagina di Facebook il Dott. Antonio Marfella, componente del Coordinamento Comitati Fuochi e dei Medici per l’Ambiente (ISDE) Campania, scrive parole di dolore e di enorme tristezza: “Scoprire che Giorgio Napolitano era il Ministro dell’Interno all’epoca delle dichiarazioni segretate di Schiavone è una notizia che mi da un dolore profondo, insopportabile, veramente una pugnalata in petto… Ve lo giuro… Non me lo aspettavo…”.
Oggi si apprende da fonti di stampa che il presidente della Camera, Laura Boldrini, afferma che “è impensabile che cittadini coinvolti come parte lesa in una situazione così grave per il loro futuro non abbiano possibilità di essere informati”, all’indomani della desecretazione dell’audizione di Carmine Schiavone sui rifiuti. “Mi auguro – prosegue la Boldrini – ci sia un senso forte della giustizia a prevalere. Lo dobbiamo ai cittadini”. Tutto ciò che finora non è avvenuto, trascorsi ormai lunghissimi e devastanti anni per il popolo campano, come scriveva il Dott. Marfella I cittadini e i Medici della regione più giovane di Italia, ma anche quella colpita dal più  grande disastro ambientale negato della Storia di Italia, la Campania, non hanno il diritto di conoscere direttamente dagli “esperti” del Ministero della Salute, i risultati dei loro studi.” Dopo anni di silenzio ancora oggi in Campania si muore per colpa dei veleni.

martedì 15 ottobre 2013

La via maestra 12 ottobre - Don Luigi Ciotti "Siate eretici!"

"Siate eretici!" 


di Luigi Ciotti - 13 ottobre 2013
“Siate eretici, perché eresia significa scelta: l'eretico sa scegliere ed esprimere in modo civile un giudizio autonomo, ama la verità ma ancor di più la sua ricerca, non il possesso. Per l'eretico la ricerca della verità e la responsabilità sono inseparabili, egli si ribella al sonno delle coscienze e all'ingiustizia, al cinismo e all'indifferenza”.

INTERVENTO INTEGRALE ALL'INTERNO!







In piazza per la dignità di un popolo
di Miriam Cuccu - 12 ottobre 2013
Roma. E' una folla interminabile quella che oggi si snoda lungo via Sistina e arriva fino a Piazza del Popolo. A sventolare bandiere di ogni colore e tipo migliaia di persone costrette ad esigere il rispetto della legge da chi, paradossalmente, è deputato a tutelare diritti e doveri dei cittadini. Presenti, tra i tanti movimenti e partiti politici, Azione Civile, l'associazione Libera di don Ciotti - tra coloro che, insieme a personalità come Maurizio Landini, Lorenza Carlassare, Gustavo Zagrebelsky e Stefano Rodota', ha indetto la manifestazione in difesa della nostra Carta Costituzionale - il laboratorio politico Alternativa di Giulietto Chiesa, il movimento No TAV, la FIOM e la CGIL oltre a Il Fatto Quotidiano, promotore dell'appello in difesa della Costituzione firmato da 440mila aderenti.
 L'intervento accorato di una studentessa universitaria, che descrive il profondo disagio esistente tanto nelle scuole quanto nel mondo del lavoro, è l'immagine dello spaccato di un Paese la cui voce viene sistematicamente ignorata dalla politica. E' con le immagini della strage avvenuta a Lampedusa ancora vivide nella memoria che donne e uomini di tutte le età si riuniscono davanti al palco per parlare di libertà, dignità e uguaglianza sociale, parole di cui siamo stati defraudati da una classe dirigente dedita a curarsi dei propri affari personali in barba a una società assoggettata al potere di pochi. "Nella costituzione ci sono parole di pace, di libertà, di uguaglianza ma anche di responsabilità - ha affermato don Ciotti, la cui voce fortemente provata nulla ha tolto alla profondità delle sue parole - e la responsabilità è la spina dorsale della Costituzione e della democrazia". "Non si tratta solo di crisi economia, - ha continuato il presidente di Libera - ma soprattutto di crisi etica e culturale, di giustizia sociale e di una politica che ha tradito la sua funzione di servizio alla comunità". Soprattutto, conclude don Ciotti "siate eretici, perché eresia significa scelta: l'eretico sa scegliere ed esprimere in modo civile un giudizio autonomo, ama la verità ma ancor di più la sua ricerca, non il possesso. Per l'eretico la ricerca della verità e la responsabilità sono inseparabili, egli si ribella al sonno delle coscienze e all'ingiustizia, al cinismo e all'indifferenza".
Sotto il cielo di Roma vengono letti alcuni degli articoli della Costituzione, la cui essenza stessa rischia di essere snaturata in particolare dalla modifica dell'articolo 138, uno dei pochi limiti alle troppe leggi fatte su misura da questo o quel partito politico. Per questo è chiamato anche "catenaccio", proprio perché a difesa di una non così lontana e improbabile violazione degli articoli, "Ben 69, se passasse questo disegno di legge che andrebbe a modificare punti che l'articolo 138 non consente" ha precisato il professor Alessandro Pace, davanti a una folla nella quale spicca la rumorosa assenza dei rappresentanti delle istituzioni. "Qualcuno - ha esordito Gustavo Zagrebelsky - ha detto che la Costituzione non è adatta a governare. Noi invece chiediamo se loro sono adatti a governare. Questa Costituzione in mano a che razza di uomini e donne è caduta?" E ancora: "La nostra forza è nell'essere determinati e moderati, perché non escludiamo nessuno. Il nostro Paese ha bisogno dell'impegno di tutti noi". Un Paese che, ahinoi, "a seguito della strage di Lampedusa ha dimostrato ancora una volta di non voler accogliere i migranti" ha detto il sindaco di Lampedusa, che ha portato al pubblico presente la sua testimonianza, ricordando che non si tratta "dei primi morti nei mari italiani" così come che "il testo unico sull'immigrazione - la legge Bossi-Fini che ha rappresentato un duro colpo per chi oltrepassa i confini dell'Italia - è stato voluto anche da Napolitano". "Solo alle persone viene chiesto il passaporto, mentre i traffici e la corruzione oltrepassano molto bene le frontiere" ha commentato amaramente Cecilia Strada, portavoce di Emergency.
In un Paese alla rovescia nel quale vige la legge secondo la quale a salvarsi è il furbo, il ricco, il potente, la Carta Costituzionale è l'ultimo baluardo rimasto a difesa dei diritti inviolabili dell'essere umano. "Non si può fare un'operazione di questa portata contro la volontà dei cittadini" ha dichiarato con forza Stefano Rodota' - loro (i politici, ndr) stanno modificando la Costituzione ma non si chiedono se accettiamo questa procedura, dobbiamo chiedere ai parlamentari di lasciare liberi i cittadini di indire un referendum su questo punto". Viviamo una situazione, ha proseguito Rodota', nella quale "è stata perduta la forza e la virtù della politica" e ancora, "anche quando i diritti sono scritti solo su carta sono sempre un vincolo per la discrezionalità politica, se ci sono delle priorità queste non possono essere ignorate a favore dell'acquisto degli F-35". "Quando sono in pericolo i diritti dei bambini - ha poi ribadito - non devono prevalere le esigenze dell'economia".
"Questa non è la fine - ha precisato il sindacalista della FIOM Maurizio Landini nel corso del suo intervento - ma la tappa di un percorso che dobbiamo continuare nelle scuole e nei territori nei giorni a venire. La vera rivoluzione è essere coerenti e mettere in pratica ogni giorno i contenuti della Costituzione". Piazza del Popolo è tutta un applauso, e la speranza che il corteo di oggi non sia la fine, ma l'inizio di un percorso all'insegna dell'impegno, della solidarietà e dell'inclusione sociale sembra essere ora più tangibile.

ARTICOLI CORRELATI

In piazza per difendere la Costituzione
fonte:antimafiaduemila

mercoledì 9 ottobre 2013

A 15 anni inventa un test per scoprire il tumore al pancreas

Al liceo ha avuto l’idea e un oncologo della Johns Hopkins lo ha chiamato nel suo laboratorio: «È l’Edison di oggi»

 Jack Thomas Andraka ha solo 16 anni (è nato nel 1997) ed è già un inventore di fama e ricercatore nel campo dei tumori. Negli Stati Uniti è possibile. Idee e competenze non guardano l’anagrafe. Nel 2012, a 15 anni, ha ricevuto il Gordon E. Moore Award , il Gran premio della Intel International Science and Engineering Fair . Settantacinquemila dollari per sviluppare la sua invenzione: un nuovo metodo, rapido e poco costoso, per rilevare l’aumento di una proteina che segnala l’inizio di un tumore al pancreas. Funziona anche per ovaie e polmone. E lo segnala molto precocemente, consentendo una cura vincente.

fonte:corieretv salute

mercoledì 2 ottobre 2013

Difesa, l'ultimo shopping del governo

di Gianluca Di Feo - 30 settembre 2013 - Foto
Per fermare l'aumento dell'Iva sarebbe bastato un miliardo. Che c'era, ma è stato destinato dall'esecutivo a una spesa extra in elicotteri, aerei, apparati elettronici per l'esercito. E le richieste dei generali non sono finite.
Un miliardo esatto per proseguire negli acquisti di armamenti. La stessa cifra che sarebbe stata necessaria per fermare l'aumento dell'Iva, diventato il pretesto impugnato da Silvio Berlusconi per far saltare le larghe intese e portare il Paese sull'orlo del baratro. Invece nelle scorse settimane il governo Letta ha deciso di “blindare” con due decreti legislativi una spesa extra in nuovi sistemi militari per un totale di 975 milioni di euro: elicotteri, aerei, apparati elettronici per l'Esercito.
Tutti prodotti da aziende di Finmeccanica: Agusta, Selex, Alenia Aermacchi. Secondo l'esecutivo c'è “un prioritario interesse pubblico” nella realizzazione di questi programmi. Non è l'unico provvedimento in lavorazione. A settembre la corsa agli armamenti sembra avere subìto un'improvvisa accelerazione. Stando alle indiscrezioni, il governo è pronto a firmare i contratti per altre due fregate Fremm, con un costo di circa un miliardo: la Marina ne ha già ordinate sei. Inoltre il ministro della Difesa Mario Mauro sta sponsorizzando un nuovo aereo da addestramento dell'Aermacchi, l'M-345: la scorsa settimana ne ha annunciato persino l'adozione da parte delle Frecce Tricolori.

Su queste iniziative mancano certezze, invece lo schema dei due decreti legislativi è stato già inoltrato alla presidenza di Montecitorio: gli atti sono stati messi a disposizione dei parlamentari il 23 settembre. A firmarli tre ministri: quello dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato; quello dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, e quello della Difesa. In pratica funziona così: i militari scelgono, lo Sviluppo Economico paga e Saccomanni autorizza perché “non derivano effetti peggiorativi sui saldi di finanza pubblica”.

Lo shopping nasce da una richiesta dei generali, che il 4 giugno hanno messo nero su bianco “l'urgenza e la priorità” di alcuni programmi, da finanziare con i fondi stanziati dalle leggi speciali varate prima della crisi. Quali? Si tratta degli elicotteri Agusta AW-101 per il Combat Sar dell'Aeronautica: 15 velivoli d'ultima generazioni per le missioni di soccorso armato dei piloti caduti dietro le linee nemiche.

Finora l'Italia non si è mai trovata in questa situazione. Quando nel 1991 venne abbattuto sull'Iraq il cacciabombardiere degli ufficiali Cocciolone e Bellini, nessuno tentò il recupero. Nel 1992 in Bosnia un Mig jugoslavo distrusse un aereo da trasporto italiano, ma non ci furono superstiti. E oggi in teoria i nuovi elicotteri non dovrebbero occuparsi di intervenire in aiuto di naufraghi o in calamità naturali: la competenza per queste operazioni infatti non è più delle forze armate, anche se non è ben chiaro a spetta questa missione. Ora i due decreti prevedono di spendere 408 milioni di euro solo per la terza trance del contratto degli elicotteri AW-101, in tante rate fino al 2027. Nella nuova ondata di fondi statali ci sono poi i nuovi addestratori avanzati Alenia Aermacchi M-346: aviogetti per la formazione dei piloti militari, considerati tra i migliori al mondo: li ha acquistati pure Israele e sono in valutazione anche da parte degli americani.

L'Italia ne vuole comprare quindici. Il nuovo decreto finanzia il secondo lotto con 160 milioni di euro: si prevede di pagare 9 milioni il prossimo anno, 60 milioni nel 2015 e altri 25 nel 2016. Vista la fatica per trovare questi soldi, non si capisce come farà il ministro Mauro a far passare i contratti per un altro modello di addestratore, il più piccolo M-345 progettato dalla stessa azienda lombarda. Ben 307 milioni finiranno a Selex per la terza fase del programma Forza Nec, ossia la digitalizzazione dell'Esercito. Si tratta di creare il “soldato futuro”: dotare i fanti di gadget tecnologici come mirini, visori, sistemi di interconnessione satellitare. Materiali interamente progettati dall'azienda di Finmeccanica, anche se finora la messa a punto dei congegni ha incontrato parecchie difficoltà.

Alcuni dei prodotti made in Italy non hanno superato i test operativi ed è stato necessario sostituirli con apparati comprati all'estero. E molti sono scettici sulla possibilità di costruire complessi così sofisticati senza una cooperazione internazionale: gli investimenti rischiano di non portare a risultati convincenti e non imporsi sui mercati. Non sarebbe la prima volta che i fondi del governo si trasformano in meri sussidi alla ricerca di Finmeccanica o si traducono in macchine che non vengono esportate.

Ci sono casi clamorosi come i carri armati Oto Melara Ariete – prodotti in soli 200 esemplari a fronte di investimenti colossali – e le autoblindo Puma – di fatto in gran parte rottamate dopo gli attentati in Afghanistan. Infine 100 milioni andranno sempre a Selex per il secondo stadio dello sviluppo del Sicote: un software per il controllo del territorio e il supporto alle indagini ad uso dei carabinieri, che sono parte delle forze armate. Il Sicote dovrebbe permettere di aggregare ed elaborare in chiave territoriale le informazioni raccolte dall'Arma.

Inizialmente era stato approvato con una dominante funzione anti-terrorismo, ma adesso si pensa di farne uno strumento per la lotta e la prevenzione della criminalità. Il problema fondamentale resta quello del “prioritario interesse pubblico” per questi programmi.

Secondo il governo si tratta di spese che uniscono le necessità “di ammodernamento degli strumenti per la sicurezza nazionale” con le “esigenze di sviluppo della base tecnologica nazionale in settori produttivi strategici”. Per Finmeccanica – ormai l'ultima holding italiana nelle tecnologie avanzate – la garanzia del nuovo miliardo è un'ottima notizia. Rimane da chiedersi se oggi sono veramente queste le priorità per lo sviluppo del Paese. Una risposta la daranno i parlamentari chiamati a esprimere il loro parere sui due decreti. Se il diktat berlusconiano non provocherà nel frattempo lo scioglimento delle Camere.

Incontro con Giulietto Chiesa a Trieste. Difendere la Costituzione. Parte 1

giovedì 12 settembre 2013

Un manifesto europeo

Ad opera d'un gruppo selezionato da Alternativa (il laboratorio politico fondato da Giulietto Chiesa), assieme a un gruppo di intellettuali con le idee del futuro.

da Alternativa

Pubblichiamo il Manifesto per l'Europa redatto da un gruppo di lavoro di Alternativa (laboratorio politico fondato da Giulietto Chiesa), aperto al contributo di intellettuali provenienti da diverse esperienze e traiettorie professionali.
Il documento è stato presentato il 17 giugno 2013 a Bruxelles presso il Parlamento Europeo, in occasione di un confronto internazionale promosso da svariati gruppi politici, preliminare per una nuova Europa e contro l'Europa della troika.

Lo scenario
Un club planetario a vocazione totalitaria sta distruggendo l'Europa dei popoli, la nostra vita, la nostra democrazia, la nostra libertà.
Il nostro futuro è in grave pericolo.
Gradualmente, senza che ce ne rendessimo conto, siamo stati consegnati nelle mani di un'oligarchia senza patria e senz'anima, il cui unico collante è il delirio di onnipotenza derivante dal possesso del denaro infinito che essa crea.
Coloro che ci hanno condotto a questo precipizio sono i maggiordomi del "proprietari universali": i proprietari finali delle azioni di banche, fondi e corporations internazionali, persone che nessuno di noi conosce, che nessuno ha mai eletto ma che determinano le nostre vite. Essi, sostenuti da parlamenti formalmente eletti, ma in realtà nominati dall'alto, hanno consegnato il potere politico ed economico - un tempo prerogativa degli Stati - a strutture prive di ogni legittimazione democratica.
Queste strutture sono le impalcature di un Nuovo Ordine Mondiale in via di avanzata costruzione. Si tratta di un'ipotesi eversiva e autoritaria che i pochissimi, e già smisuratamente ricchi, vogliono imporre a moltitudini già impoverite. È un disegno non solo criminale, ma anche aberrante, essendo fondato sull'illusione della crescita infinita ed è dunque destinato a produrre caos e guerre, poiché rifiuta di constatare la fine dell'era dell'abbondanza.
Questo club planetario totalitario, consapevole del crescere della protesta e della ribellione popolare, si prepara a reprimerla. Sa della precarietà dell'inganno con cui ha usurpato il potere; sa che le sue sedicenti leggi economiche e monetarie sono una truffa globale; sa che il denaro virtuale mediante il quale ci domina, è destinato e finire in cenere.
Per questo gli oligarchi destabilizzano le residuali istituzioni democratiche, introducono nuove leggi e modifiche costituzionali usurpatrici, mentre si apprestano ad allungare le mani sulle ricchezze materiali e immateriali ancora disponibili: territori, acqua, cibo, fabbriche, risparmi, storia, monumenti, musei, parchi naturali, "risorse umane".
Compreranno tutto, a prezzi stracciati, privatizzando se possibile anche l'aria che respiriamo, con l'immensa massa di denaro virtuale, trasformato in debito, che stanno creando dal nulla a ritmi vertiginosi.
Noi esigiamo che in una nuova, vera Costituzione Europea, sia scritto a chiare lettere che i popoli hanno diritto di resistere contro chiunque cercasse di rovesciare l'ordine costituzionale. In ogni paese e nell'Unione.
Se non li fermiamo, alla fine resteranno intere popolazioni - cioè tutti noi - ridotte in miseria, ignoranza e schiavitù, cioè senza beni e senza diritti e quindi senza futuro.
Alla tragedia dei greci sta seguendo il collasso dei portoghesi, dei ciprioti, degl'italiani. Ma la lista d'attesa si allunga alla Francia, al Belgio, alla stessa Germania, che sta in piedi solo grazia alla fuga di capitali dalle zone colpite a morte da una austerità selvaggia, indiscriminata e confiscatoria.
Questo è il ritratto di ciò che resta del progetto di pace, integrazione, coesione e benessere europeo.
Quel progetto è stato prima fermato e poi distorto fino a renderlo irriconoscibile. Era l'idea della costruzione di una nuova identità sovranazionale europea senza il ricorso alla conquista, alla violenza e alla guerra, ma con la partecipazione con eguali diritti e doveri di tutti i partner, grandi e piccoli. Era la nascita di un nuovo protagonista mondiale di pace, cooperazione e sicurezza, in grado di svolgere un ruolo autonomo e non subalterno alla politica e agl'interessi di altre potenze. Un tale obiettivo poteva essere raggiunto, allora, solo ponendo l'Europa sulla stessa dimensione politica di scala dell'Unione Sovietica e degli Stati Uniti. Non in competizione con essi ma in un rapporto paritario geopolitico.
Questo disegno è stato cancellato. In una sorda lotta per la supremazia, l'Europa è stata piegata dall'egemonia politica, militare, economica e culturale degli Stati Uniti.
Il dominio, del dollaro come moneta-potenza, ha prima loro permesso di assoggettare letteralmente l'Europa e di vincolarla al disegno militare della Nato. Poi, con la sconfitta definitiva dell'Unione Sovietica, e il suo crollo, di imporre anche al resto del mondo sia il capitalismo finanziario-speculativo concentrato nel "servizio monetario" di Wall Street e della City di Londra, sia la mutazione della NATO da alleanza difensiva ad alleanza aggressiva, pronta ad agire su teatri di guerra lontani dai confini dell'Alleanza. Gli strumenti messi in atto dal 1990 in poi in Europa non sono stati effetti collaterali di scelte "sbagliate" che produssero la crisi sociale ed economica dei popoli europei. Essi, al contrario, furono colonne portanti di quel progetto, che è quello dell'apartheid globale della Troika.
All'Europa è stata imposta - e i leader europei l'hanno accettata supinamente e fatta propria - la globalizzazione.
Le regole USA sono state esportate insieme alla deregulation, alle privatizzazioni, all'attacco allo Stato, alla deificazione dei mercati, alla trasformazione delle relazioni umane e perfino della politica in merce. Il potere politico è passato nelle mani dell'alta finanzia internazionalizzata.
Lo stesso allargamento frettoloso dell'Unione Europea a 27 paesi, con l'inclusione di quasi tutti gli ex satelliti del Patto di Varsavia e perfino delle tre repubbliche ex sovietiche baltiche, è stato preceduto di fatto dalla loro subitanea inclusione nella Nato. In tal modo garantendo agli Stati Uniti il controllo, diretto e indiretto, dei successivi processi d'integrazione europea. Si è cercato e si cerca, spasmodicamente, di introdurre nel tessuto socio-economico europeo, e nella sua stessa cultura, pseudo valori e stereotipi di una fasulla american way of life.
Il progressivo controllo e concentrazione dell'industria della comunicazione e dell'informazione di massa, fino alla capillare e mostruosa espansione dei social network (come ormai tutti sanno sotto diretto controllo politico statunitense), ha prodotto una vera e propria modificazione antropologica dei popoli europei, anche se le correnti profonde della storia europea hanno manifestato insperate capacità di difesa nei confronti dell'aggressione ideologica finanziaria e culturale.
L'esplosione della crisi, che si è verificata proprio nel centro del potere imperiale (dunque espressione di una gravissima malattia interna ad esso, che si è coniugata con la progressiva rarefazione delle risorse disponibili e con l'apparire sulla scena di altri giganti non più riconducibili al disegno dei "proprietari universali") ha rivelato la fragilità del loro progetto.
Si pone concretamente, urgentemente, la necessità di fermarli. In primo luogo perché essi sono i produttori della povertà e della guerra. Milioni di europei, praticamente ormai di ogni classe sociale, ad eccezione dei pochi assoldati per svolgere il ruolo di servi privilegiati (e, tra questi, vi sono i principali controllori dell'informazione-comunicazione) sono in cerca di un'alternativa alla crescente insostenibilità della loro condizione sociale.
Cresce l'inquietudine e l'incertezza, la sensazione di un pericolo incombente.
È acquisizione comune che la prossima generazione sarà la prima - dalla seconda guerra mondiale a oggi - che avrà condizioni di esistenza peggiori di quelle dei padri. E tuttavia ancora lungo è il percorso da fare, per i "molti", prima di arrivare a comprendere che non è in gioco soltanto il loro tenore di vita. In gioco è infatti la loro stessa vita e quella dei loro figli. Sono in gioco le sorti stesse del genere umano, poiché la "cupola" del potere vuole palesemente estendere la sua rapina ai sette miliardi di individui che popolano il pianeta. E non potrà più farlo impunemente, come ha fatto negli ultimi tre secoli, perché là stanno sorgendo - anzi sono già sorti - protagonisti in grado di difendersi e contrattaccare.
Per decine di milioni di europei si pone dunque il compito di respingere un cosiddetto nuovo ordine mondiale che si presenta in realtà come un nuovo feudalesimo, in cui una infinitesima parte del genere umano avrà diritto di vita e di morte su tutti e in cui ai popoli resterà come unica via d'uscita la sottomissione.
La democrazia liberale è già stata irrimediabilmente lesionata ed era, insieme ai diritti umani, l'unico valore, diverso dal potere del denaro, rimasto a baluardo della cosiddetta "civiltà occidentale".
È giunto il momento di fermare la "scimmia al comando". E di togliere da quelle mani, in primo luogo, i pulsanti della guerra. Nessun soldato europeo dovrà più partecipare ad alcun conflitto fuori dai confini dell'Unione, tanto meno se mascherato da missione umanitaria e di pace. Occorre cominciare a definire principi e valori che siano adatti alla transizione da una organizzazione politica, economica e sociale insostenibile - e destinata a morire tra le convulsioni - a una società sostenibile, in pace con la Natura, con l'ecosistema. Una civiltà della convivenza, che progredisca "con il passo dell'Uomo", quindi democratica. Queste sono le condizioni per la sopravvivenza.


Principi generali per un Rinascimento Europeo
La Nuova Europa che vogliamo dev'essere liberata da vincoli ideologici neo-conservatori, mascherati spesso da linguaggi e procedure burocratiche incomprensibili ai più, e che opprimono i popoli mentre accrescono le divisioni tra gli Stati. Uno di questi vincoli è diventato la moneta comune così com'è oggi.
L'euro, moneta privata, stampata da banche private per le banche private, é un problema per tutti, sia per i "forti" che per i "deboli".
S'impone dunque un nuovo sistema monetario comune, concordato, che preveda una superiore autonomia di politica finanziaria degli Stati membri e che restituisca ai parlamenti nazionali le fondamentali decisioni in materia. Solo su queste nuove basi si potrà tornare a parlare di trasferimento graduale, democratico, condiviso, di sovranità ad un parlamento europeo realmente rappresentativo e dotato di effettivi poteri.
La Nuova Europa che vogliamo non può accettare gli attuali livelli di diseguaglianza economica e sociale tra i popoli europei e all'interno di ogni singolo paese. Occorre che l'Europa dichiari "illegale" la povertà. Occorre che la prima e principale preoccupazione dei governi europei e del futuro governo europeo sia quella di garantire la piena l'occupazione e la dignità di un salario equo.
Occorre, cioè, abbandonare per l'immediato ogni politica di austerità e promuovere un ritorno senza equivoci a un'Europa sociale. Ciò implica e presuppone il rigetto degli attuali Trattati Europei e l'avvio di una nuova fase costituente.
La Nuova Europa deve basarsi sul riconoscimento pieno (con tutte le conseguenze che ne discendono) che si tratta di un'unione tra "diversi". Non solo per storia, lingua, tradizioni, assetti giuridici, organizzazione politica, ma anche e soprattutto per livelli di organizzazione sociale, di efficienza, di tenore di vita. Ciò significa che, pur dovendosi prevedere norme comuni, valide per tutti e da tutti accettate, si definiscano meccanismi di compensazione per produrre riequilibrio e ridurre le differenze in tempi definiti.
Una Nuova Europa non può che essere un'Europa solidale.
Una Nuova Europa dev'essere democratica. Non può essere democratica se non sarà capace di valorizzare le diversità che la caratterizzano. Non potrà valorizzare queste diversità se la federazione assumerà forme centralistiche rigide.
Una Nuova Europa non può essere democratica e solidale all'interno e praticare all'esterno le regole della globalizzazione imperiale.
Una nuova Europa non può essere democratica e solidale, all'interno e all'esterno, se non ripudia la guerra e forme di imposizione e sopruso nei confronti dei partner vicini e lontani. I principi europei possono e debbono essere difesi e diffusi, ma non possono e non debbono essere imposti all'esterno.


Chiare proposte (di lotta) per il cambiamento
Siamo consapevoli che alcune di queste proposte non trovano, al momento, che pochi riscontri nella volontà dei governi, e nella coscienza delle popolazioni. Non perché non siano buone e giuste, ma perché la forza manipolatrice dei detentori del potere è stata determinante.
Noi siamo convinti, tuttavia, che attorno ad esse sia possibile costruire un movimento di opinione e di alleanze politiche, sociali, produttive che le trasformi in proposte attuabili perché largamente condivise. Esse sono infatti necessarie per ogni progetto di una nuova Europa e, senza di esse, non sarà possibile affrontare la transizione verso una nuova società . La loro comprensione sarà tuttavia resa possibile, in tempi brevi, dall'accelerazione della crisi sistemica in USA, Europa, Giappone e dai primi segnali di un rallentamento cinese.
Occorrono dunque misure immediate per un cambio di rotta. Ciascuna di esse rappresenta uno strumento indispensabile per avviare una transizione necessaria.
Per ridurre il debito, tanto pubblico quanto privato, occorrono - va detto senza remore - drastici cambiamenti di regole finanziarie. L'austerity non solo non porta alla riduzione del debito, essa lo peggiora mentre crea recessione e riduce l'occupazione. Gl'interventi pubblici devono imporre controlli sui movimenti di capitale. Bassi tassi d'interesse devono far diminuire la spesa per interessi riducendo così i deficit pubblici. Tagliare il valore reale del debito si può fare solo trasferendo risorse dai creditori ai debitori, non imponendo altri tagli alla spesa pubblica, o cercando maggiori entrate fiscali che finiscono per colpire solo quelli che già le pagano e non coloro che le evadono, come le grandi corporations internazionali.
L'alternativa è tra immolare la vita di centinaia di milioni di persone o sacrificare un poco speculatori e redditieri.
Ripetiamo: questo implica la denuncia dei trattati di Maastricht e di Lisbona, che costituiscono le basi dell'aggressione finanziaria contro i popoli europei.
Si deve procedere alla nazionalizzazione di tutte le banche centrali dei paesi membri e ad una corrispondente, drastica modifica del ruolo e della struttura della Banca Centrale Europea. Gli Stati della zona euro (e quelli che vi aderiranno in caso essa rimanga in piedi), devono essere gli unici azionisti della futura Banca Centrale Europea.
Questa misura dovrà accompagnarsi alla nazionalizzazione di tutte le grandi banche nazionali, trasferendo parte delle loro funzioni al sistema del credito cooperativo e popolare nelle varie forme storiche che esso ha avuto nel passato nei diversi paesi, o introducendolo dove, per ragioni storiche, non fu creato. È questa la via per restituire ai governi e ai rispettivi "ministeri del Tesoro" il controllo delle Banche Centrali Nazionali e della BCE, ovvero la sovranità monetaria.
Tra le prime questioni da chiarire, di fronte alle opinioni pubbliche europee, è lo stato del debito, di cui va dichiarata - di fronte all'evidenza - la impagabilità strutturale. Ciò va fatto attraverso un audit che dovrà fornire, in tempi rapidi, un quadro attendibile e controllato del debito aggregato europeo, della sua composizione, dei debiti sovrani dei singoli stati, siano essi membri della zona euro o esterni ad essa, identificando sia la struttura dei debiti che l'identità dei grandi creditori internazionali.
I debiti sovrani dovranno essere progressivamente ristrutturati e riassorbiti mediante una tassa sulle transazioni finanziarie di qualsivoglia natura, non inferiore allo 0,1% dell'ammontare. Una vera Tobin Tax i cui proventi devono essere indirizzati anche allo sviluppo delle imprese, del risanamento sociale e ambientale, al finanziamento dell'istruzione e della ricerca. Si prevede l'istituzione di un fondo europeo speciale a tasso agevolato per il credito a medio/lungo termine, riservato alle Piccole e Medie Imprese.
Le nuove collocazioni delle emissioni di obbligazioni sovrane dell'eurozona saranno curate direttamente dal Tesoro degli Stati Interessati, senza alcuna intermediazione bancaria privata, e riservate ai cittadini del paese emittente e ai cittadini europei ivi residenti.
Le emissioni dovranno essere vincolate prioritariamente a destinazioni sociali, all'educazione e alla ricerca scientifica, alla sanità pubblica, alla tutela e bonifica dell'ambiente, alle energie rinnovabili, alla valorizzazione dei terreni e delle produzioni agricole.
Le nuove obbligazioni sovrane dell'eurozona saranno nominative, non negoziabili, non cedibili, trasmissibili solo per via ereditaria, con scadenza non inferiore a cinque anni e non superiore a dieci, ad un tasso di riferimento non eccedente il doppio di quello praticato dalla Banca Centrale Europea riformata.
Misure decise di riforma della finanza europea e internazionale (l'Europa dovrà agire su scala mondiale come protagonista sovrano) saranno anch'esse indispensabili. Tra esse è necessaria la separazione delle banche d'affari dalle banche di deposito e risparmio. Le Borse saranno il terreno d'azione delle sole banche d'affari e investitori istituzionali di vario genere. E' fatto divieto di accedere alle Borse alle banche di deposito e risparmio. E' fatto divieto di accesso alle Borse dei fondi speculativi comunque denominati.
Deve essere ripristinato, con apposita legislazione, il concetto della funzione sociale del credito, che è principio giuridico e politico.
Le società di rating internazionali vanno bandite dall'Europa: s'impedirà così il pilotaggio internazionale della speculazione. Dovranno essere messe fuori legge tutte le attività off shore: in tal modo sarà colpito il riciclaggio e ogni malversazione finanziaria. I paradisi fiscali, com'è noto, non servono soltanto a evadere le tasse, ma servono alla criminalità organizzata. Le banche e le Borse che seguissero questi indirizzi (che sono attualmente la pratica comune di tutta la finanza mondiale), andranno immediatamente «sospese» come si fa normalmente quando interviene una turbativa d'asta a scopo speculativo. Gli strumenti finanziari speculativi Over The Counter (ossia fuori del controllo istituzionale) dovranno essere messi fuori legge.
E' fatto divieto di aiuti pubblici alle banche private. Il principio del "troppo grande per fallire" deve essere dichiarato illegale. La privatizzazione dei profitti e la socializzazione delle perdite è il comandamento del sistema bancario e la condanna dei popoli ad essere rapinati.
Tutto ciò (e molto altro ancora) deve partire dall'introduzione di una politica europea per la redistribuzione del reddito, attraverso un sistema fiscale equo e condiviso.
Ciò implica l'abrogazione del fiscal compact, che è il vertice massimo dell'ingiustizia e del furto di sovranità. Sappiamo che questa prospettiva incontrerà resistenze micidiali e reazioni scomposte. La Banca Centrale Europea ripete ad ogni passo che non esiste un "piano B" e che si proseguirà con l'euro così com'è. Se le cose procederanno in questa direzione, occorrerà costruire delle casematte difensive, sotto forma di alleanze europee tra paesi più colpiti. Sia per fronteggiare il disastro sociale, sia per evitare di trovarsi di fronte, per esempio, a una Germania che - spinta da un egoismo populista - esce dall'euro per conto proprio, trascinando con sé un pezzo d'Europa che è agganciato al suo carro. Sarebbe una decisione davvero drammatica che segnerebbe non solo la fine di un ruolo europeo della Germania, ma anche il futuro della prosperità della stessa Germania, con danni gravi per il popolo tedesco e per l'intera Europa e con enormi ripercussioni su scala mondiale.
E' possibile una "ritirata ordinata", difensiva, dall'attuale sistema. Occorre perseguirla con decisione e con un giusto calcolo dei rapporti di forza.
C'è l'opzione di creare un "eurosud", che permetta a Grecia, Italia, Spagna, Portogallo, Francia, altri paesi "deboli" esterni attualmente all'eurozona, di sottrarsi al colpo che viene loro inferto, per giunta in condizioni di prolungata instabilità.
C'è l'opzione di una trasformazione dell'euro in moneta di conto internazionale, sottraendogli la natura di moneta merce, e utilizzando i sistemi di clearing per regolare i rapporti del commercio interno europeo e quelli tra area euro e sistema internazionale.
C'è l'opzione di una introduzione concordata di monete nazionali che si affiancano all'euro per consentire un rilancio dell'intervento pubblico, incentivare la domanda locale e una fase di ripresa economica e sociale. Possono esserci altre opzioni. Si dovrà scegliere tra di esse quella che produrrà meno sacrifici per le classi lavoratrici, cioè per la stragrande maggioranza.
Dobbiamo tuttavia tutti non dimenticare che la crisi dell'euro, oltre ai difetti "tecnici" che hanno contrassegnato la sua nascita, non è altro che l'accelerazione della crisi d'identità della politica europea, all'interno come all'esterno.


Uscire dall'emergenza
In questo quadro, di acuta incertezza, che si accompagna a tensioni crescenti su scala mondiale, i popoli europei sono lasciati soli in mezzo al guado. Il fallimento dei maggiordomi si sta trasformando in tragedia sociale e, presto, nel crollo della democrazia europea.
Occorre dunque poggiare ogni ipotesi d'emergenza sul sostegno di larghe masse popolari. La difesa del lavoro è il baluardo principale per salvaguardare il tessuto sociale e impedire ai padroni universali di trasformare la crisi in una lotta tra diseredati. Difendere il lavoro, gl'investimenti, le imprese, senza comprimere il reddito, significa ridurre l'orario a parità di salario. Difendere il tessuto sociale e stimolare razionalmente i consumi significa, anche - non soltanto - introdurre un reddito di esistenza.
Nell'immediato occorre prevedere misure legislative e finanziarie che permettano il potenziamento della partecipazione dei lavoratori alla direzione dell'attività economica, e dei cittadini alla gestione delle collettività e dei beni comuni, attraverso lo sviluppo delle forme cooperativistiche, di associazione in partecipazione, di suddivisione degli utili, di consorzi di imprese, di imprese auto-gestite. Emanazione di specifici provvedimenti di urgenza che diano facoltà ai lavoratori di imprese in crisi di rilevarne la gestione.
Altro volano di immediata efficacia e di alto valore strategico sarà il rilancio dell'agricoltura, la fine dello sfruttamento speculativo dei territori coltivabili, la riqualificazione del patrimonio boschivo e la sua estensione e difesa, accompagnati da crediti agevolati.
Divieto assoluto di utilizzo, nel territorio dell'Unione, anche in forma sperimentale, di Organismi Geneticamente Modificati (OGM), di diserbanti e concimi chimici, e loro sostituzione con prodotti naturali.
Occorre una politica energetica che riduca la dipendenza dall'estero, che contribuisca alla riduzione del riscaldamento globale, che si realizzi attraverso investimenti massicci per sviluppare la ricerca, per estendere l'occupazione specie giovanile: compiti tutti di carattere sia strategico che immediato.
Immense risorse individuali, intellettuali, devono essere messe in movimento al posto di quelle finanziarie e miopemente economiche. La grande ricchezza europea è la sua cultura e il suo patrimonio di professionalità e di esperienze, che devono essere messe a tutela e al servizio del bene comune.
Il tempo individuale, quello liberato dal peso di un lavoro inutile per consumi inutili, dev'essere indirizzato verso scopi collettivi, mutualistici, di solidarietà. Una nuova scala di valori deve essere introdotta nei luoghi di formazione culturale, intellettuale.
Il sistema dei media, della comunicazione, dell'informazione dev'essere riportato in mani democratiche e pubbliche. Le sole che possono aiutare milioni d'individui, isolati e mutilati dalla manipolazione, a evadere dal dominio del consumo e a tornare a pensare in termini di convivenza civile, di solidarietà e di giustizia.


Una nuova fase costituente
Il 2014 sarà decisivo per il destino dei Popoli europei. Gli estensori di questo Manifesto ritengono quindi fondamentale avviare fin da subito un processo costituente per la nuova Europa.
Questa Europa è stata piegata alla cosiddetta governance, che altro non è che una serie di strumenti di esproprio della sovranità degli Stati. I quali sono stati posti sotto il controllo dei sistemi bancari internazionali e sono stati messi sotto ricatto da debiti pubblici, artificialmente ingigantiti, che non sono più in grado di controllare. Gli Stati sono stati trasformati in stakeholders subordinati. Che, per giunta, in quanto membri di un'alleanza militare che non potevano controllare, sono stati doppiamente colonizzati. O si spezzano le catene della subordinazione, o questa Europa sarà impoverita e trascinata in avventure militari e neocoloniali che sono in aperto contrasto con i suoi interessi di grande protagonista, e con gl'interessi dei popoli e della democrazia in generale.
Gli autori di questo manifesto si propongono di attuare una contr'offensiva contro una tale aggressione e ritengono per questo essenziale dare vita con urgenza a un processo costituzionale per una Nuova Europa.
Per queste ragioni le attuali istituzioni europee non potranno essere i soli attori politico-giuridici di un processo che deve promuovere una nuova Costituzione europea. In questo nuovo processo dovranno essere attori decisivi le società civili, i popoli europei.
L'unica istituzione europea attualmente relativamente permeabile a istanze democratiche reali è il Parlamento Europeo. Il rinnovo dell'Assemblea previsto con le elezioni del 2014 è un'occasione fondamentale da cogliere.
Gli estensori del Manifesto invitano pressantemente tutte le forze politiche che concorreranno alla consultazione elettorale, e che condividono nella sostanza principi e proposte finora esposti, a costituire un coordinamento transnazionale al fine di far giungere in Parlamento un folto gruppo di parlamentari che portino questa piattaforma a Bruxelles e Strasburgo.
Allo stesso tempo si auspica la nascita di un "Forum Sociale per la Costituente Europea", organizzazione transnazionale che si appelli a cittadini, gruppi, associazioni, comitati, forze politiche, rappresentanti istituzionali, che si autoconvochi per definire, in una prima fase, i principi a cui dovrebbe ispirarsi la futura Costituzione Europea e promuova tutte le iniziative, mediatiche, sociali e politiche, per imporre tali proposte nel dibattito pubblico europeo.
I leader europei hanno fin qui costruito una traiettoria costituzionale contro la volontà dei popoli, il cui primo effetto è stato quello della demolizione del progetto di pace europeo. Hanno fallito in termini di legittimità e democrazia, e hanno acuito la crisi. I provvedimenti di emergenza sono stati presi senza alcuna approvazione popolare.
In diversi casi i popoli sono stati impediti di esprimersi. Si sono pensate e si preparano in tutta Europa misure repressive in previsione di forti tensioni sociali. La costituzione del corpo di polizia militarizzato europeo, "Eurogendfor", autorizzato a intervenire nei singoli stati membri, è la prova di una grave determinazione dei poteri europei ad affrontare lo scontro sociale in termini violenti.
Eurogendfor dovrà essere smantellato.
Da queste attuali leadership emergono pulsioni di riforme dei trattati ancora più coercitive, nessuna delle quali è previsto sia sottoposta al giudizio popolare. Noi affermiamo che riforme di questa portata non possono essere decise senza il consenso dei popoli e che nessuno stato può essere vincolato a decisioni che non condivide.
Non dovrà ripetersi la situazione in cui, quando i popoli hanno potuto esprimersi in referendum, si sono trovati davanti a testi di centinaia di pagine, scritte da lobbisti in un linguaggio comprensibile solo agli specialisti. Decisioni di rilevanza continentale sono state dibattute in modo confuso, spesso capzioso, senza respiro europeo. O non sono state dibattute affatto.
Le norme costituzionali devono avere un linguaggio chiaro. I popoli d'Europa devono poter decidere su testi comprensibili che permettano di scegliere tra opzioni chiare.
Il luogo istituzionale che proponiamo deve essere molto inclusivo, rappresentativo e istituzionalmente bilanciato: è una preliminare Convenzione, dove siano rappresentati i parlamenti nazionali ed europeo, i rappresentanti delle società civili, e in cui partecipino anche i capi di stato e di governo e della Commissione europea. L'assemblea così costituita avrà il compito di elaborare una dichiarazione sui principi.
La dichiarazione sui principi di base dovrebbe indicare i poteri concessi all'Unione, e definire i principi di rappresentanza dentro le istituzioni europee, insieme alle regole di votazione.
A quel punto ogni stato membro potrà accettare o respingere la carta dei principi di base secondo la propria Costituzione. Gli elettori dovranno poter eleggere i rispettivi rappresentanti nazionali dentro la seconda Convenzione che - a partire dai principi di base - redige il testo finale. Solo in questo modo le decisioni saranno legittimate. Fino ad ora si è fatto l'opposto, o tutt'altro.
La seconda fase della convenzione non potrà rovesciare i principi fondamentali. Dovrà perciò sottoporre il testo a una corte costituzionale speciale che valuterà la conformità giuridica. Tutti i giudici delle alte corti di ogni stato membro devono farne parte.
Il testo finale, prodotto dalla Convenzione, dovrà essere approvato da referendum popolari di tutti gli Stati membri.
È un percorso che non fissa un solo esito possibile. Ma intanto gli estensori del Manifesto indicano alcune suggestioni utili a una nuova concezione istituzionale della futura Europa:
La Commissione Europea, sintesi degli aspetti più deteriori della tecnocrazia e del lobbysmo, dovrà essere abolita.
Il Consiglio Europeo e il Consiglio dei Ministri Europei dovranno convergere verso un'unica Istituzione europea per le materie di carattere comunitario (Politica Estera e Difesa e Sicurezza Comune).
Le attuali materie di competenza del Consiglio dei Ministri Europei dovranno ritornare in gran parte nell'alveo degli Stati nazionali o del Parlamento Europeo.
Come si evince da ciò che precede, è previsto che non tutti i popoli dell'attuale Unione Europea vorranno continuare a farne parte. Oppure che ve ne siano che sceglieranno una pausa di riflessione, a seconda delle loro necessità o delle restrizioni che potrebbero non ritenere nel loro interesse, o che risultino incompatibili con la loro Costituzione.
Il trattato sarà valido solo tra parti consenzienti, ma dovrà permettere alle parti non consenzienti (o solo parzialmente consenzienti) di partecipare a tutte le attività nei campi in cui è già stata raggiunta una comune visione.
Noi crediamo in una Europa di solidarietà, policentrica, integrata, pacifica, che operi per superare le differenze economiche e sociali al suo interno. La nostra Europa dovrà avere un governo democratico e una Banca Centrale che realizzi la politica dei governi e non il viceversa. Gli Stati che decidono di farne parte non devono essere considerati come azionisti di minoranza di un'impresa. Essi sono Stati sovrani che delegano parte della propria sovranità esclusivamente a un livello sovrastante di governo che sarà altrettanto democratico dei governi che è chiamato a coordinare.
Occorrerà, in alternativa alla NATO, quale essa è attualmente, un esercito europeo , il cui compito non dovrà essere quello di intervenire in una guerra globale, ma sarà quello della difesa dei territori degli stati dell'Unione, in caso di comprovata minaccia locale e che dovrà essere, per il resto, orientato a prevenire e fronteggiare le reali minacce che potranno colpire le popolazioni in caso di catastrofi naturali di ogni genere e di emergenze umanitarie: uniche minacce reali del tempo presente e futuro. Un esercito europeo che, proprio per le ragioni suddette, dovrà tornare a forme di leva nazionale obbligatoria. Solo dopo la costituzione di un esercito europeo autonomo si avvieranno negoziati con i restanti membri della NATO e con la Russia per la creazione di un nuovo sistema di sicurezza continentale.
Il Parlamento Europeo deve diventare l'organo democratico centrale dell'assetto istituzionale europeo, il luogo dove vengono prese le decisioni politiche fondamentali. In prospettiva, dopo una transizione di 5 anni, il Parlamento Europeo deve poter esprimere direttamente (ed eventualmente poter sfiduciare) il Governo europeo.


Conclusione
Noi pensiamo che solo una Nuova Europa democratica possa essere uno dei cardini della convivenza pacifica nel mondo multipolare del XXI secolo.
Per poter svolgere un ruolo di pace e di distensione la Nuova Europa dovrà essere forte e autonoma nelle sue decisioni. Lo schema nemici/amici che caratterizzò la Guerra Fredda è ormai superato. La Nuova Europa, così caratterizzata, non ha nemici.
Il suo compito primario sarà di costruire amicizie durature, cooperazioni strategiche a 360 gradi, poiché una qualunque guerra globale sarà la fine dell'umanità.
Gli Stati Uniti, da alleato-protettore privilegiato, quali sono stati, devono diventare amici in una nuova alleanza su piede di parità con l'Unione Europea.
La Russia - che ha bisogno dell'Europa, e che, nonostante i diversi regimi politici, è già fortemente interconnessa con l 'Europa - è il grande vicino di casa con cui non si può non essere amici. Ad essa l'Europa deve guardare come a un partner strategico, parte integrante della indivisibile sicurezza europea.
La Cina e l'India sono protagonisti per superare la crisi epocale in cui versa il pianeta. Senza di essi nessuna soluzione sarà realistica. Sette miliardi di individui hanno diritto a un uso equo delle risorse disponibili. A questo non vi è alternativa se si pensa a un futuro di pace.

È questa l'unica TINA che conosciamo. Il contrario è solo preparazione alla guerra.