Programma di Alternativa-Politica

giovedì 30 ottobre 2014

Al Premio Paolo Borsellino storie d'orgoglio della nostra vera Italia

In ESCLUSIVA VIDEO INTEGRALE e FOTOGALLERY
di Sonia Cordella - 26 ottobre 2014

E' colma l'aula consiliare del comune di Pescara tra una platea di giovani che occupa il maggior numero dei posti a sedere. Tutto è pronto per la celebrazione del 19° anno del Premio Paolo Borsellino. Apre l'evento il coordinatore della manifestazione Oscar Buonamano che cede la parola al presidente dell'associazione Falcone e borsellino, Gabriella Sperandio, organizzatrice del premio. “Benvenuti nell'aula consiliare” saluta il sindaco Marco Alessandrini “oggi c'è un colpo d'occhio veramente bellissimo! Ho salutato il nuovo governo cittadino” esclama riferendosi ai ragazzi “la nuova maggioranza e la nuova opposizione, che non prenderanno possesso di questi banchi subito ma sono loro il nostro futuro, la futura classe dirigente. Uno dei premiati ci ha ricordato la vicenda di un giornalista paraguayano, Pablo Medina, assassinato proprio qualche giorno fa” prosegue il sindaco rammentando l'importanza della libertà di informazione e della lotta contro la criminalità. Rita Borsellino trasmette il suo saluto attraverso Sabrina Dodaro che nel corso della mattinata darà voce alle motivazioni del premio consegnato a ciascun vincitore. “Questa è una delle iniziative nazionali più importanti sul tema della legalità” afferma la sorella del giudice a cui è ispirata la manifestazione “una lotta che deve tenere uniti nord e sud,  per evitare che la mafia metta le mani nei grandi affari e che si insinui nei palazzi del potere dove trova terreno fertile e linfa vitale”. Anche le parole di Lucia Borsellino, la figlia maggiore di Paolo, risuonano nella sala comunale ricordando l'importanza di investire tempo e risorse nella formazione culturale delle nuove generazioni ai quali devono essere garantite trasparenza e legalità per un futuro migliore. La targa che verrà consegnata ai vincitori del premio è dedicata dagli organizzatori al giornalista scomparso Maurizio de Luca. Il Premio per l'Impegno sociale verso i più deboli  viene consegnato alla onlus aquilana “L'Aquila per la vita”. “Questo premio ha un valore straordinario per noi perché una volta tanto alla fatidica domanda che solitamente si pone in questo paese: -Chi ti manda?- qui diventa: Che cosa hai fatto? E questo ci rende orgogliosi” dice il presidente. Il Premio alla Cultura viene consegnato al poeta, cantante e musicista Piero Nissim e al progetto teatrale 'Storie di donne morte ammazzate' contro i femminicidi sempre in crescita nel nostro Paese. Il Premio al Giornalismo viene consegnato al Direttore di Antimafia Duemila, Giorgio Bongiovanni, che con il suo gruppo -ha dimostrato una grande capacità ormai rara nel panorama giornalistico italiano, quella di riannodare con perizia e pazienza la storia d'Italia dal 19 luglio in poi partendo dal particolare della strage di via d'amelio per raggiungere l'apice di alcune delle storie più controverse degli ultimi vent'anni: la trattativa. Regalandoci tante inchieste vere di un militante che regala al giornalismo  una lezione del mestiere e di onestà-. “Voglio condividere questo premio con i miei colleghi che sono in sala Lorenzo Baldo e Anna Petrozzi. Ringrazio il sindaco per aver portato qui Paolo Medina, un amico che scriveva per la nostra rivista, ucciso dalla mafia in Paraguay” dice il direttore profondamente commosso sollevando la targa e dedicandola a questo nuovo martire della giustizia. Rivolgendosi poi ai ragazzi li esorta dicendo: “Voi dovete chiedere verità e giustizia allo stato perché dentro lo stato ci sono ancora segreti che riguardano la strage Borsellino, la strage di Capaci e quindi voi con forza mentre crescete dovete chiedere verità altrimenti la futura classe dirigente sarà ancora macchiata di segreti che non possiamo più sostenere”.
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mercoledì 29 ottobre 2014

Stato-mafia: l'audizione di Napolitano al Quirinale

Grafico e Fotogallery all'interno!Comincia deposizione Napolitano
di AMDuemila - 28 ottobre 2014 - Ore 10:57
Roma. Pochi minuti fa è cominciata, nella sala “Oscura” del Bronzino al Quirinale, la testimonianza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, dinnanzi alla Corte d'assise di Palermo che celebra il processo sulla trattativa Stato-mafia.
Fonte ANSA

Ingroia: "Magistrati soli nell'accertamento della verità"
di AMDuemila - 28 ottobre 2014 - Ore 10:41
"L'accertamento della verità deve essere un interesse comune in un processo come questo dove c'è in ballo lo stato e i rapporti con la mafia, compreso il mondo  politico e istituzionale oppure non si arriverà alla verità, su questo fronte da anni i magistrati sono soli." A dichiararlo è Antonio Ingroia, commentando il processo sulla Trattativa Stato mafia in corso oggi al Quirinale ai microfoni di Skytg24.
Ingroia, che ha istruito le indagini di questo processo, ha evidenziato che una verità dimostrata "dopo tante indagini e processi è che la trattativa c'è stata anche se non si è illuminato completamente il buio attorno a quelle stagioni di stragi". Buio che i pm di Palermo stanno cercando di diminuire "La magistratura di Palermo sta lavorando bene, esattamente nel solco che avevamo avviato anni fa" ha concluso Ingroia.



Stato-mafia: l'audizione di Napolitano al Quirinale
di AMDuemila - 28 ottobre 2014
- Ore 9:40
Stato-mafia: giornalisti, pm e Corte d'Assise al Quirinale
Roma
. In piazza del Quirinale cominciano ad arrivare giornalisti e curiosi in attesa della deposizione del capo dello Stato al processo sulla trattativa Stato-mafia. L’audizione del presidente della Repubblica è fissata per le 10 davanti alla Corte di Assise di Palermo, in trasferta nella Capitale. Gli avvocati entreranno dall'accesso principale, mentre la Corte e i pubblici ministeri da quello dei giardini, in via del Quirinale. Il Colle ha rigidamente regolato l’entrata, prevista tra le 9.15 e le 9.40. Nessun giornalista, però, potrà assistere alla deposizione, neppure attraverso la video registrazione.
Arrivati anche il procuratore di Palermo Leonardo Agueci e i pm del pool che sostiene l'accusa al processo. I magistrati sono entrati dalla porta dei Giardini in via del Quirinale. Alla spicciolata, stanno entrando dalla porta principale del palazzo, anche gli avvocati degli imputati e delle parti civili. Ha poi fatto il suo ingresso la Corte d’Assise di Palermo. Oltre al presidente Alfredo Montalto e al giudice a latere Stefania Brambille, sono presenti i sei giudici popolari (quattro titolari e due supplenti).

Fonte ANSA     fonte:

PTV News 28 ottobre 2014 - MH17 abbattuto da caccia? Il PM: è possibile

Il Punto di Giulietto Chiesa: "Il reset di Putin"

Il livello 'esoterico' del discorso di Putin

Non cerca di ammansire nessuno, tanto meno gli States. Cerca alleati per accrescere le potenzialità di una coalizione di Stati che contenderà agli Usa il primato.















di Gianni Petrosillo.

Tutti noi abbiamo ascoltato o letto il discorso di Valdai di Putin e, in un certo senso, lo abbiamo definito storico, non tanto per quanto detto esplicitamente dal Presidente russo ma per quanto emerso sottotraccia dalle sue parole, considerata l'epoca di trapasso che stiamo attraversando.
E' lo spirito dei tempi, il momento in cui vengono esplicitate certe affermazioni, più che il significato stretto delle proposizioni, a dare un senso supplementare alla sua orazione.
L'elemento essoterico del ragionamento putiniano è di sicuro meno interessante di quello esoterico. Il primo è imbastito di un linguaggio "istituzionalizzato" che traduce il messaggio che si vuole fare passare in un codice comprensibile ed accettabile dal ricevente (o, meglio, da alcuni riceventi).
Putin richiama così ad una ridefinizione ragionevole delle regole del gioco tutti i partner mondiali, in presenza di una nuova fase politica che allarga la platea dei partecipanti all'evoluzione del quadro intercontinentale, dopo un quindicennio di unipolarismo americano, con dominio quasi esclusivo dell'orbe terracqueo da parte di Washington.
Egli si rivolge agli Stati Uniti, chiamandoli direttamente in causa in più occasioni, ma non è a questi che comunica le sue intenzioni. Il suo obiettivo precipuo sono alcuni membri (i gruppi dirigenti o aspiranti tali all'interno di taluni contesti nazionali) di quel campo dominato dagli Usa che iniziano a patire pesantemente il prezzo di un'alleanza viepiù sbilanciata e impositiva, divenuta tale a causa dell'indebolimento relativo della superiorità globale statunitense, apertamente contesa da altri soggetti, o comunque, sempre meno corrispondente agli interessi strategici fondamentali dei vari attori.
Putin non si aspetta che le sue parole smuovano la coscienza americana, tanto più che i propugnatori di quella neolingua imperiale - infarcita di sani principi irrealistici come "la pace incondizionata", "la democrazia globale", "il rispetto inviolabile della sfera umanitaria", "i diritti inestinguibili della persona" e "la cooperazione solidale in ambito economico e politico" (di cui Putin si serve per attirare l'attenzione dei suoi interlocutori) - conoscono il trucchetto alla perfezione, essendo gli inventori di siffatta architettura ideologica forgiata ad immagine, somiglianza e strapotenza del loro way of life.
I più scaltri sanno bene che l'insicurezza internazionale non piove improvvisamente dal cielo ma è frutto di processi sociali il cui innesco modifica o stravolge i rapporti di forza tra chi pretende di conservare la propria primazia, rinveniente da scontri e vittorie passate sugli antagonisti, e chi rivendica una più ampia decisionalità, corrispondente al suo rinascente o insorgente slancio politico-economico-militare sulla ribalta planetaria.
Le crisi, economiche, finanziarie e istituzionali toccano il climax proprio quando saltano gli apparati che hanno garantito, per lunghi segmenti temporali e all'interno di contesti fissati, il "disequilibrio normalizzato delle spinte contrastanti", grazie alla presenza di un centro regolatore (gli Usa per la cosiddetta società occidentale) capace di agire sui subordinati come un fattore di composizione delle energie collettive e sui nemici in maniera difensiva ed offensiva, riconvertendo a proprio vantaggio, e a garanzia della propria dominazione gli attriti, interni ed esterni.
Durante la Guerra Fredda i poli di "composizione" del planisfero erano due (Usa ed Urss appunto) ciascuno sovrastante nel suo perimetro di riferimento, sancito anche attraverso accordi diplomatici. Quando l'Urss è implosa gli Stati Uniti hanno esteso il loro imperio a tutto il mappamondo modificando le relazioni con i vecchi partner, con i nuovi sottoposti e con tutti i recalcitranti, ai quali hanno riservato trattamenti micidiali e terribili, senza dimostrare remore o pietà. Erano diventati "l'eccezione mondiale" e non c'era nessuno che potesse fermarli e sanzionarli.
Oggi le cose stanno metamorfosando perché ci sono Paesi in recupero e ripristino di potenza che si oppongono a simile unilateralità. Stiamo entrando in un'era in cui la tensione squilibrante diventerà insostenibile, in virtù di queste propulsioni sopraggiungenti da più versanti. La Russia, e forse gli altri componenti dei BRICS, ne sono all'origine in contrapposizione agli Usa.
Putin sta comunicando questo ai suoi uditori. Non sta cercando di ammansire nessuno, tanto meno gli States, per quanto possa apparire così. All'opposto, egli va in cerca di alleati per accrescere le potenzialità e la potenza di una coalizione di Stati che, all'occasione, contenderà agli Usa il primato internazionale.
Dunque, contrariamente a quando sostengono gli osservatori più superficiali, ciò che ci aspetta da qui in poi è qualcosa di più ferale di una Guerra Fredda 2.0.
L'età bipolare del fronteggiamento USA-URSS fu il punto di sbocco di due guerre mondiali, combattute per primeggiare ed occupare lo spazio lasciato vacante dalla potenza dell'epoca, l'Inghilterra. Ciò che ne seguì, piuttosto, fu un periodo di relativa "tranquillità", nonostante la minaccia di uno scontro nucleare totale che, invece, decretò precipuamente l'impossibilità dei contendenti di prendere il sopravvento uno sull'altro.
L'equivalenza dei contendenti armati fino ai denti ci consegnò cinquant'anni di "ordine" e di minori ingiustizie.
Dobbiamo, prepararci, pertanto, ad una stagione durissima che specificherà un'ennesima precipitazione trasformativa, la quale si caratterizzerà per le esacerbazioni dei conflitti, dello scontro di tutti contro tutti, ciascuno alla ricerca della propria ricollocazione e di un posto meglio riparato dalle incertezze del domani. Le carte si rimescoleranno e la scenografia si trasfigurerà sotto i nostri occhi, con alleati che, come scrive La Grassa, "diventeranno amici e gli avversari nemici acerrimi, da distruggere. E se qualche amico traballante passa di campo, diventa traditore, spazzatura di cui ripulire l'ambiente".
Abbiamo dinanzi a noi un orizzonte di fuoco, di lutti e di smembramenti, altro che collaborazione di ognuno per un futuro di armonioso sviluppo dell'umanità nella sua interezza. Qualcuno se la passerà malissimo mentre qualcun raccoglierà i frutti delle sue strategie e del suo coraggio.
La Russia, per bocca del suo Presidente, ha raccolto la sfida. Per intanto lo ha fatto, in base alle sue energie attuali, senza stravolgere le precedenti codificazioni sulle quali ci siamo a lungo basati per muoverci nella cornice collettiva. Ci ha parlato nel nostro idioma. Ma ci ha anche suggerito che con il Cremlino messo coattivamente ai margini del contesto mondiale ed attaccato provocatoriamente nelle sue prerogative regionali, le frizioni cresceranno vorticosamente, più di quanto non sia necessario hic et nunc. Il consiglio di operare differentemente non è rivolto ad Obama, da costui e dai suoi successori Putin e i suoi successori non si aspettano nulla. Il Presidente russo ci descrive soltanto l'inevitabile dei prossimi decenni e ci invita a scegliere con chi stare per incrementare sicurezza e tenore di vita oppure perdere entrambi. Ogni comunità e Stato valuterà secondo utilità ed opportunità ma chi non saprà dire addio alle consunte certezze andate rischierà brutte bastonate da ogni dove e altre forme di sudditanza, forse anche più umilianti e distruttive di quelle odierne.

Fonte:  http://www.conflittiestrategie.it/il-discorso-di-putin.

mercoledì 3 settembre 2014

Il Punto di Giulietto Chiesa - Boeing: Non vogliono dirci la verità che...

Il punto di Giulietto Chiesa: bugiardi nel panico

Tisa .Wikileaks svela il trattato segreto che colpirà al cuore le economie nazionali


Il progetto prende il nome di “Trade in services agreement” e si tratta di un accordo che non riguarda le merci ma si occupa dei servizi, ossia il punto nevralgico di ogni paese sviluppato. L’Italia ovviamente, è tra i paesi che stanno negoziando attraverso la commissione europea.

Colpire al cuore l’economia di tutti i paesi. È questo l’obiettivo di questo nuovo trattato portato avanti con grande segretezza. L’obiettivo è privatizzare di tutti i servizi fondamentali che sono pubblici, come sanità, trasporti e istruzione sulla base di pressioni fatte da lobby e multinazionali. «Un accordo che viene negoziato nel segreto assoluto e che, secondo le disposizioni, non può essere rivelato per cinque anni anche dopo la sua approvazione», come spiega Stefano Maurizi su l’Espresso.

Le multinazionali cosi si apprestano a mettere le mani sul settore servizi che rappresenta la più grande fetta di mercato, basti pensare infatti che produce il 70% dell’ economia globale e solo negli States rappresenta il 75% del pil. Se anche questo accordo dovesse andare in porto si andrebbe ad aggiungere ad un altro patto segreto, il Ttip di cui abbiamo già parlato in un altro articolo, consegnandoci di fatto nelle mani delle lobby e multinazionali.
Il trattato sarà firmato tentando di coinvolgere i mercati più importanti del mondo dato che «Con interessi in ballo giganteschi: gli appetiti di grandi multinazionali e lobby sono enormi». L’espresso indica soprattutto la “coalition of services industries”, lobby che porta avanti una severissima  agenda di privatizzazione dato che per questo gigante mondiale «Stati e governi sono semplicemente visti come un intralcio al business» aggiungendo che «Dobbiamo supportare la capacità delle aziende di competere in modo giusto e secondo fattori basati sul mercato, non sui governi».
Quello che balza agli occhi è il carattere di segretezza estrema che circonda il trattato e per questo, come scrive l’Espresso, è stato fondamentale un documento Wikileaks:  «Questo documento deve essere protetto dalla rivelazione non autorizzata» ed inoltre il documento può essere svelato solo «dopo cinque anni dall’entrata in vigore del Tisa e, se non entrerà in vigore, cinque anni dopo la chiusura delle trattative».
Ma il carattere di segretezza colpisce ancora di più se pensiamo che il Tisa colpirà la vita di miliardi di persone dato che questo trattato bloccherà i tentativi dei vari governi nel rafforzare le regole nel settore finanziarie, perdendo così autorità ed autorevolezza nelle decisioni, a vantaggio delle multinazionali. Il Tisa, come spiegato dalla professoressa Jane Kelsey Il Tisa è promosso dagli stessi governi che hanno creato nel Wto il modello finanziario di deregulation che ha fallito e che è stato accusato di avere aiutato ad alimentare la crisi economica globale».
«Un esempio di quello che emerge da questa bozza filtrata all’esterno dimostra che i governi che aderiranno al Tisa rimarranno vincolati ed amplieranno i loro attuali livelli di deregolamentazione della finanza e delle liberalizzazioni, perderanno il diritto di conservare i dati finanziari sul loro territorio, si troveranno sotto pressione affinché approvino prodotti finanziari potenzialmente tossici e si troveranno ad affrontare azioni legali se prenderanno misure precauzionali per prevenire un’altra crisi».
Dopo il Ttip, un altro pericoloso tentativo di minare l’autonomia e la democrazia (qualora esistesse ancora) dei vari paesi. Ma la cosa che colpisce di più è la presunta collaborazione ed il tacito accordo dei politici mondiali, come se la cosa non riguardasse loro.

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venerdì 11 luglio 2014

Galliano: “Nel '91 Riina in Calabria con uomini delle istituzioni”

di Giorgio Bongiovanni e Miriam Cuccu - 10 luglio 2014
Nipote del capomandamento Raffaele Ganci (l'unico da cui poteva ricevere ordini) e affiliato alla famiglia mafiosa della Noce dal 1986 come “uomo d'onore riservato” perchè “ero incensurato e culturalmente preparato... potevo essere il volano per incontrare altre persone fuori Cosa nostra, per dialogare con l'esterno”. Così si presenta Antonino Galliano, collaboratore di giustizia sentito questa mattina presso l'aula bunker dell'Ucciardone di fronte alla Corte d'Assise di Palermo per il processo trattativa Stato-mafia. Tra i presenti, anche Salvatore Borsellino, nel settore riservato al pubblico dato che, così si è sfogato sulla sua pagina Facebook, “in questo processo non sono stato ammesso come parte civile”. Non solo: “Il poliziotto addetto ai controlli, pur dopo avergli specificato che sono fratello del giudice Paolo Borsellino ha ritenuto anche di dovermi chiedere per quale motivo mi interessava assistere a questo processo. Dopo la mia risposta, che vi lascio immaginare, ha voluto che gli mostrassi tutto quello che avevo in tasca e mi ha anche fatto aprire la copertina dell'IPad”. Nessun riguardo per i familiari delle vittime di mafia che attendono di conoscere la verità – che nel migliore dei casi arriva dopo decenni – sulle circostanze in cui sono morti i loro congiunti.
Arrestato nel dicembre '95, la collaborazione di Galliano ha inizio nell'estate '96, dopo aver visto assicurare alla giustizia lo zio e i cugini Mimmo e Calogero Ganci, e aver retto per sei mesi il mandamento della Noce.
Quella condanna a Di Miceli, poi il contrordine: “Uccidere i politici siciliani”
Nello specifico Galliano ha riferito al pubblico ministero Nino Di Matteo dei contatti con i soggetti estranei a Cosa nostra: “Io accompagnavo prima Raffaele Ganci, poi Domenico 'Mimmo' Ganci dai commercialisti Di Miceli e Mandalari” che appartenevano rispettivamente “ai servizi segreti civili e alla massoneria” e “potevano aiutare Cosa nostra”. Raffaele Ganci gli riferì che Di Miceli “era incaricato per aggiustare la sentenza in Cassazione del maxiprocesso”. In seguito però la posizione del commercialista si fece precaria: i boss, con l'avvicinarsi della sempre più probabile sentenza definitiva che avrebbe condannato il gotha di Cosa nostra all'ergastolo, stavano progettando la sua uccisione: “Dovevano pedinarlo e ucciderlo solo con un coltello, facendo finta di commettere uno scippo... Mimmo Ganci dopo la sentenza del maxiprocesso della Cassazione diceva che (Di Miceli, ndr) aveva preso in giro tutti”. I piani, però, improvvisamente cambiarono: “Si concentrarono sui politici, si dovevano uccidere i politici siciliani che non si erano interessati alle problematiche siciliane”. Il primo a pagarne il prezzo fu l'onorevole Salvo Lima, un violentissimo scacco a quella Democrazia cristiana che più volte si era prodigata per curare gli interessi di Cosa nostra. Ma ancora prima della sua uccisione “Domenico Ganci mi disse che stava pedinando l'onorevole Vizzini”. Qualcosa fece sì che l'attenzione della Cupola si spostasse verso ben altri bersagli, predisponendo una strategia che sarebbe culminata con un attacco diretto allo Stato a suon di bombe. È dunque lecito porsi una domanda: perchè Cosa nostra rinuncia all'assassinio di un uomo dei servizi come Di Miceli per optare all'uccisione dei politici siciliani? Si tratta di uno dei tanti misteri e domande finora disattese sulla trattativa Stato-mafia?
L'uccisione di Bosellino: “Sentiti 'u bottu”
Il giorno della strage di via D'Amelio, ha raccontato ancora Galliano, “io ero in servizio, facevo il portiere. Mimmo e Stefano Ganci mi vennero a trovare e mi dissero 'sentiti 'u botto!' (senti il botto, ndr)”. Galliano aveva ricevuto l'incarico di seguire gli spostamenti di Paolo Borsellino, anche in precedenza, quando il giudice si trovava alla Procura di Marsala: “Mi era stato detto che i trapanesi volevano fare fuori il dottor Borsellino... lo seguivamo soprattutto nei fine settimana... non so come doveva essere ucciso ma c'erano diverse ipotesi”. L'ordine era partito, come da prassi “da Raffaele Ganci, c'era anche Salvatore Cancemi, gli appostamenti durarono per diversi mesi, poi ci hanno detto di sospendere”.
Anche per l'uccisione di Giovanni Falcone Galliano si occupava di pedinare il magistrato: “Insieme a Domenico Ganci con i motori (con le moto, ndr) seguivamo gli spostamenti da casa al tribunale del dottor Falcone”
“Nel '91 Riina incontrò in Calabria uomini delle istituzioni”
Tra ottobre e novembre del '91 “Mimmo Ganci mi disse di essere stato fuori ad accompagnare Riina in Calabria, dove si incontrò con personaggi delle istituzioni, politici, forze dell'ordine, generali, colonnelli... a me questo sembra strano e ne parlai con Stefano Ganci, che lo comunicò a Calogero Ganci... pensammo fosse una bufala di Domenico”. Il suo rapporto con Totò Riina, ha riferito Galliano “era buono, Mimmo era il suo pupillo” ma anche quello con lo stesso Galliano era “preferenziale, anche rispetto ai suoi fratelli... c'era una spaccatura in famiglia”. “Domenico – ha ricordato il teste – mi disse che tentavano di 'destabilizzare lo Stato'” e che “il tema dell'incontro era l'aggiustamento del maxiprocesso”. Si trattava “di una cosa molto riservata, non dovevo parlarne con nessuno, io ho disatteso l'ordine andando a confidarmi con Stefano” ha precisato.
Marcello Dell'Utri: l'intermediario
Galliano ha fatto poi riferimento a una riunione successiva, datata 1994, in cui “Salvatore Cucuzza – pentito deceduto il mese scorso, la cui morte si è appresa nel corso dell'udienza odierna – chiese un parere a me e Francesco Spina se eravamo d'accordo che Vittorio Mangano andasse a trovare Dell'Utri per aiutare i detenuti, soprattutto per tentare di levare il 41bis”. Tra incertezze e difficoltà nel richiamare alla memoria gli eventi, il nipote di Raffaele Ganci ha ricostruito l'accaduto rispondendo alle domande dei pm Di Matteo e Teresi: “Cucuzza si incontrava spesso con Bagarella e Brusca, e si faceva portavoce di quello che loro dicevano”, quindi “se lui parlava, parlava anche a nome loro”. Incontri nel quale si valutava la possibilità di un nuovo attentato: “fu portata a conoscenza l'idea di Cucuzza, non so come gli altri la pensavano”.
“Dell'Utri era l'intermediario... Tanino Cinà (Gaetano, ndr) portava i soldi a Di Napoli, che li faceva avere a mio zio e poi a Totò Riina”. Si parla del periodo che fece seguito alla prima guerra di mafia e alla morte dei Bontate e degli Inzerillo, referenti di Cosa nostra che ricevevano una quota in denaro da parte di Silvio Berlusconi per tramite di Dell'Utri. In quel momento “ci fu un problema, Berlusconi non volle dare più i soldi... ci fu l'interessamento di Riina che fece mettere una bomba davanti alla casa di Berlusconi e c'è stato il riaggancio con Dell'Utri”. Tutte circostanze confluite nella sentenza definitiva che a maggio ha condannato l'ex senatore di Forza Italia a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Il processo riprenderà domani mattina con l'audizione del Presidente del Senato Pietro Grasso e del consigliere Donato Marra.
FONTE:

Giulietto Chiesa intervista il direttore di Antimafia 2000, Giorgio Bong...

domenica 8 giugno 2014

11 Settembre 2001: il Nist ha mentito

di Giulietto Chiesa - 2 giugno 2014
Periodicamente, come sapete, vi informo dei lavori del Consensus Panel (qui troverete tutti i materiali di documentazione cui faccio riferimento in questo post). Per dirvi, questa volta, che ci sono le prove che il Nist (National Institute for Standards and Technologies) ha mentito. E non una volta sola. Si tenga presente che il Nist è l’istituzione pubblica che, unica, ha avuto l’incarico dal governo americano di effettuare le analisi delle cause dei crolli che si sono susseguiti nel World Trade center l’11 settembre 2001. Ricordo qui la prima “stranezza”: il governo incarica un organo governativo tecnico di fare un’indagine in cui è implicato il governo stesso. E si limita a questo solo incarico, evitando accuratamente che altri enti, non direttamente dipendenti dal governo, ficchino il naso nelle questioni spinose.
Ma questo è un dettaglio.

Veniamo al dunque e il dunque, emerso recentemente, è questo. Le affermazioni del Nist, secondo cui non sarebbe stato possibile esaminare le caratteristiche strutturali dell’acciaio del WTC-7, in quanto non sarebbero stati trovati reperti dell’acciaio del WTC-7 , sono false.
Ricordo a chi non lo sapesse, che l’allora sindaco di New York, Rudolph Giuliani, d’accordo con le autorità nazionali, organizzò una spettacolarmente rapida ripulitura del gigantesco cumulo di macerie, facendo in modo che tutte le tracce dell’evento sparissero il più presto possibile, e dunque risultassero impossibili ulteriori investigazioni.
Ricordo anche, sempre a chi se lo fosse dimenticato, che nelle oltre 500 pagine del “9-11 Commission Report”, non c’è il minimo cenno all’elefantiaco “dettaglio” del crollo del WTC-7, la infausta terza torre, crollata senza essere stata colpita da nessun aereo, alle 17:20 circa dello stesso, tragico, giorno.

Dunque il NIST non è in grado di fare un’analisi metallografica dell’acciaio, perché – afferma (affermazione ripetuta numerose volte, in diversi papers) – che non si trovano più i reperti dell’acciaio, frettolosamente esportati in Cina per essere fusi lontano da occhi indiscreti.
Una tale analisi sarebbe stata cruciale per sostenere, o impugnare, la stessa tesi del NIST, secondo cui il WTC-7 sarebbe crollato per indebolimento delle strutture d’acciaio dell’edificio a causa di un furioso incendio.
Ma non entriamo qui nel merito della versione (una delle versioni) del NIST. Qui si tratta di vedere se il NIST ha detto la verità. Ebbene: ha mentito. Lo dimostrano ben sei prove.
La prima viene dal Worcester Polytechnik Institute, e risale allo stesso 2001 attraverso le pagine del Journal of Mineral, Metals and Material Society (JOM), dove si può leggere che tre ricercatori, J.R. Barnett, R.R. Biederman, and R.D. Sisson, Jr., effettuarono in quell’anno una “Initial Microstructural Analysis of A36 Steel WTC Building 7,” (JOM , 53(12), 2001, p. 18). Dunque il Nist non trovò l’acciaio. E la Commissione Ufficiale gli credette, ma I tre scienziati, invece, trovarono i reperti e perfino li analizzarono accuratamente.
La seconda prova viene da un’agenzia del governo, una delle più importanti agenzie della sicurezza nazionale degli Usa, la Fema, Federal Emergency Management Agency. La quale, nel 2002, ammette di conoscere l’analisi dei tre professori di cui sopra. Ma la Commissione Ufficiale, invece, non se ne accorge, sebbene sia stata istituita proprio per indagare sui quei fatti e stia, in quei mesi, lavorando.
La terza prova è confermata dal Prof. Jonathan Barret (che è autore dello studio della Fema appena citato), il quale la riporta in luce sei anni dopo, in un documentario della Bbc del 2008.
La quarta prova viene ancora da quel rapporto della Fema, dove si scopre – leggendolo con più attenzione che nel passato – che c’era un’appendice (appendice D) dove si parlava estesamente di pezzi di metallo fuso estratti dalle macerie del WTC-7, accompagnando l’analisi con una foto di un pezzo di colonna di quell’edificio con travi ancora agganciate a due piani.
La quinta prova emerge nel 2005, tre anni dopo la prima menzogna, quando un altro studio del Nist (la mano destra non si ricorda quello che ha scritto la mano sinistra) fa riferimento ad “acciaio proveniente del WTC-7.” Cioè il Nist del 2005 smentisce il Nist del 2002.
Infine nel 2012 emerge la sesta prova. Un documento, pubblicato in base al Freedom of Information Act (Foia) , permette di vedere diverse fotografie in cui John Gross sta esaminando frammenti di acciaio del WTC-7. Basterà notare che John Gross fu uno degli autori principali del rapporto del Nist che attribuì all’incendio le cause del collasso verticale, in caduta libera, del WTC-7.
Ora, in un paese normale, questo basterebbe per riaprire l’inchiesta, poiché le conclusioni del “9/11 Commission Report” si basarono sui dati di una relazione menzognera. Un’analisi metallografica dell’acciaio avrebbe dimostrato che nessun furioso incendio sarebbe stato in grado di “ammorbidire” la struttura portante di un grattacielo di 47 piani, al punto tale da farlo letteralmente afflosciare a terra in pochi secondi, verticalmente, dritto come un fuso. Ma non si troverà, negli Stati Uniti, un giudice inquirente disposto a incriminare il bugiardo John Gross.
Eppure c’è ancora gente che continua a credere che gli asini volano. E’ per questo che, da allora, passiamo di guerra in guerra.

sabato 7 giugno 2014

Trattativa: la svolta del procuratore di Palermo Messineo

di Giorgio Bongiovanni - 5 giugno 2014
Il procuratore capo di Palermo Francesco Messineo ha deciso di assegnare il nuovo filone d'indagine sulla trattativa mafia-Stato ai pubblici ministeri Nino Di Matteo e Roberto Tartaglia, che proseguiranno nelle attività investigative insieme al pm Francesco Del Bene coordinati dal procuratore aggiunto Vittorio Teresi. Una buona notizia che conferma come il Tribunale di Palermo abbia un procuratore capo indipendente, che ha reso merito alla inequivocabile competenza in materia di mafia dei magistrati del pool trattativa (che si stanno occupando del processo in corso sul dialogo intavolato da pezzi di Cosa nostra e delle istituzioni nei primi anni '90).
Nel rispetto della legge e delle procedure del caso, a seguito della circolare emessa dal Consiglio superiore della magistratura che indicava nuove restrizioni per le indagini di mafia, da affidare solo ed esclusivamente a chi fa parte della Dda, Messineo ha inviato un quesito per chiedere spiegazioni in merito all'indagine trattativa Stato-mafia. Dei quattro magistrati che si occupano delle nuove indagini, infatti, solo Teresi è in possesso di tale requisito: l'incarico di Di Matteo era già scaduto e quello di Del Bene prossimo alla scadenza, mentre Tartaglia, con un minor numero di anni di carriera alle spalle, non è ancora entrato a fare parte della Direzione distrettuale antimafia.
A seguito, dunque, del rischio di un azzeramento del pool di Palermo – che avrebbe comportato la perdita, per le indagini, di competenze ineguagliabili date dall'aver seguito il fascicolo d'inchiesta fin dalla sua genesi – Messineo si era dunque deciso a chiedere delucidazioni al Csm. Il procuratore capo sottolineava il fatto che, nei casi in cui dovessero emergere “elementi indiziali a carico di nuovi e diversi soggetti rispetto a quelli per i quali si procede e tuttavia per il medesimo fatto ascritto a questi ultimi, con conseguente necessità di stralcio onde procedere separatamente alle relative indagini”, come è il caso del procedimento sulla trattativa, “in ossequio al principio di continuità nella assegnazione delle indagini per un medesimo fatto” è fondamentale non disperdere il patrimonio conoscitivo dei magistrati, che non fanno parte della Dda. Infine, non ricevendo risposta, Messineo stesso ha assegnato le deleghe, ritenendo che la nuova inchiesta fosse comunque scaturita dalla vecchia indagine già assegnata a Di Matteo ed essendo certamente consapevole dell'esigenza di permettere il proseguimento delle indagini sulla trattativa bis, che presumibilmente potrebbero toccare soggetti appartenenti a sfere di potere ben più alte rispetto a coloro che oggi sono alla sbarra insieme ai boss mafiosi. Diversamente, sarebbe stato anomalo se le indagini fossero state invece delegate ad altri magistrati, non per il rischio che le carte dell'inchiesta finiscano sul tavolo di pubblici ministeri incompetenti, ma piuttosto perchè questi non avrebbero, com'è ovvio, la conoscenza storica del percorso compiuto dall'inchiesta fino a oggi. Ogni secondo perso rappresenta una sconfitta per lo Stato e per i cittadini. Nino Di Matteo continuerà quindi ad essere coordinatore, insieme a Tartaglia, delle indagini sulla trattativa, mentre invece non seguirà il processo al generale dell'Arma Mario Mori e al colonnello Mauro Obinu (imputati di favoreggiamento aggravato alla mafia) per il quale in primo grado aveva rappresentato la pubblica accusa. È stato il procuratore generale Roberto Scarpinato a rigettare la richiesta, in quanto il pg ha deciso di rappresentare personalmente la pubblica accusa insieme al sostituto procuratore Luigi Patronaggio. Scarpinato ha infatti ritenuto che non sia “opportuno incrementare ulteriormente il coefficiente di rischio a cui è soggetto Di Matteo”.
Intanto alcuni giorni fa è stata promossa una petizione da parte di Salvatore Borsellino e della redazione Antimafia Duemila, che in poco tempo ha superato 25mila firme. Nella petizione, appoggiata da migliaia cittadini da tutta Italia e anche dall'estero, si richiede al Csm che promuova Nino Di Matteo nominandolo procuratore aggiunto. Il Consiglio superiore della magistratura è indipendente, ma non può non tenere conto dell'opinione pubblica italiana, di cui una parte risulta essere sempre più vigile e attenta sul tema della lotta alla mafia.

venerdì 30 maggio 2014

"Mafia. Problema nazionale?" - 20 Giugno


Appello al Csm: nominate Nino Di Matteo procuratore aggiunto di Palermo!

FIRMA LA PETIZIONE!
di Salvatore Borsellino e
Giorgio Bongiovanni - 30 maggio 2014

Ai primi di marzo di quest’anno il plenum del Consiglio Superiore della Magistratura ha modificato l’art. 8 della circolare sulle Direzioni distrettuali antimafia nelle procure.
La direttiva del Csm restringe ai soli magistrati della Dda la possibilità di effettuare indagini su Cosa Nostra.
Questa circolare estromette di fatto i pm Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene dalle nuove indagini sulla trattativa Stato-mafia.
Successivamente alla notizia della divulgazione di quella circolare il procuratore di Palermo, Francesco Messineo aveva assicurato che avrebbe scritto al Csm attraverso la procedura del “quesito” per chiedere esplicitamente una via di uscita alla rigidità di quella direttiva.
Alcuni giorni fa la richiesta del Procuratore è stata finalmente ufficializzata.
In un punto della lettera si fa riferimento alla questione trattativa (pur senza nominarla) in merito alla coassegnazione di nuovi filoni investigativi tra magistrati Dda e magistrati non Dda.
Di fatto viene sottolineata l’importanza di non disperdere il patrimonio conoscitivo dei magistrati che non fanno parte della Dda “in ossequio al principio di continuità nell’assegnazione delle indagini per un medesimo fatto”.
L’istanza di Messineo al Csm rappresenta quindi l’ultimo tentativo di evitare che indagini delicatissime si arrestino ripartendo da zero nelle mani di nuovi magistrati che devono leggere centinaia di migliaia di pagine, con il conseguente rischio della prescrizione.
La società civile si appella quindi al Csm affinché risponda positivamente alla richiesta del procuratore Messineo dando ugualmente un segnale forte: nomini Nino Di Matteo procuratore aggiunto di Palermo!
Salvatore Borsellino
Giorgio Bongiovanni e tutta la redazione di Antimafia Duemila

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Foto © Castolo Giannini              


 fonte:antimafiaduemila.

domenica 18 maggio 2014

Esclusiva PTV News 17 maggio 2014 - Sit in a Roma contro il nazismo

FONTE:   PANDORATV


                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                   

mercoledì 7 maggio 2014

Di Matteo e la circolare del Csm, Salvatore Borsellino: "Ribellatevi a chi mette il bavaglio ai pm!"

Il grido del fratello di Paolo Borsellino prima del comizio di Beppe Grillo
di Lorenzo Baldo - 6 maggio 2014
Palermo. “Questa è un’emergenza. Stamattina aprendo il giornale ho letto quello che mai mi sarei aspettato di leggere”. Dal palco del Movimento 5Stelle, prima del comizio di Beppe Grillo, è il fratello di Paolo Borsellino a prendere la parola. Il suo è un grido disperato che si diffonde prepotentemente in piazza Politeama. La notizia di quello che viene definito uno “scippo” delle nuove indagini sulla trattativa Stato-mafia messo in atto dal Csm attraverso una circolare esplode nelle sue parole. Salvatore Borsellino accusa pubblicamente il Presidente della Repubblica – capo del Csm – di essere di fatto il “garante del silenzio sulla trattativa” nei confronti della quale suo fratello, Paolo, una volta venuto a conoscenza, si è opposto con tutte le sue forze fino a farsi ammazzare.    vedi tutto.

fonte: antimafiaduemila.

martedì 6 maggio 2014

Suggerimento per Renzi e Alfano, da un Presidente che fà veramente.

Stop al campionato in Uruguay

Il presidente Mujica ritira la polizia dagli stadi

(ANSA) - ROMA, 2 APR - La decisione del presidente dell'Uruguay José Mujica di non fornire agenti di polizia per la sicurezza negli stadi ha provocato prima le dimissioni del Consiglio della Federcalcio locale, poi il blocco dell'attività e quindi lo stop del campionato di Chiusura. Così, ieri non si sono giocate Penarol-Miramar, Fenix-River Plate e Juventud-Rentistas, rinviate a data da destinarsi. Mujica ha preso la sua decisione per dare un segnale forte contro la violenza e il razzismo che imperversano negli stadi.

FONTE:ANSA
 

Il Csm: stop alle indagini su trattativa, azzerato il pool di Palermo

di AMDuemila - 6 maggio 2014
"Non è un pm della Dda". E con questa motivazione il pubblico ministero di Palermo Antonino Di Matteo non potrà più fare nuove indagini sulla trattativa tra Stato e mafia. Così come Roberto Tartaglia, che insieme a Di Matteo fa parte del pool del processo trattativa con Francesco Del Bene e Vittorio Teresi, coordinatore del gruppo e l'unico magistrato che sopravviverà all'azzeramento del pool. E' la drammatica conseguenza di una circolare arrivata dal Consiglio superiore della magistratura lo scorso 5 marzo. Il Csm ha dichiarato che tutti i nuovi fascicoli d’inchiesta sulla mafia dovranno essere affidati solo ed esclusivamente a chi fa parte della Direzione distrettuale antimafia. E non è il caso di Di Matteo, in quanto il suo incarico è scaduto formalmente da quattro anni e in via ufficiale assegnato al gruppo che si occupa di abusi edilizi, mentre Tartaglia non fa ancora parte della Dda. L'unico che, alla luce delle nuove direttive del Csm, rientrerebbe ora di diritto nel nuovo filone di indagini sulla trattativa è Del Bene, ma solo fino al primo giugno, giorno della scadenza per il suo incarico.
Il Consiglio superiore della magistratura ha ordinato che potrà essere fatto uno strappo alla regola solo in casi eccezionali: "nei delitti contro l’economia, la pubblica amministrazione, la salute e l’ambiente", oppure nel caso in cui tutti i magistrati appartenenti alla Dda abbiano un carico di lavoro tale da impedire loro di occuparsi di altre indagini.
Anche se ufficialmente non è noto su quali indagini il procuratore di Palermo Messineo abbia posto il veto, ma è altrettanto risaputo che da quando è iniziato il processo in Corte d'assise il pool è andato avanti con le indagini ma ora sarebbe tutto messo in discussione.
Uno stop perentorio, dunque, al nuovo filone investigativo, quello sulla trattativa bis, che aveva individuato molti altri nomi rispetto a quelli che già figurano nel processo trattativa Stato-mafia (ex politici e ufficiali del Ros, boss mafiosi e pentiti). Già la scorsa estate i pm di Palermo insieme alla Dia si sono recati alle sedi dei servizi segreti a Roma per acquisire una mole immensa di documenti. Di recente hanno poi proseguito negli interrogatori di diversi uomini appartenenti alle istituzioni come testimoni, oltre a cercare di chiarire il mistero della Falange Armata, la sigla che in passato ha rivendicato numerosi omicidi e da poco è tornata a farsi sentire. Sì, perchè una lettera di minacce è pervenuta in carcere al boss Totò Riina: "Chiudi la bocca, ci pensiamo noi". Noi chi?
Resta il fatto che la mossa del Csm (al quale qualcuno sta già pensando di scrivere) ha decretato l'eliminazione di un pool che non ha eguali per competenza, le cui indagini hanno iniziato a delineare nuovi misteri che devono essere portati alla luce, legati a personaggi appartenenti ad ambienti di potere ben più alti di quelli che sono stati finora toccati dalle precedenti attività investigative.
Ma ad essere a rischio sono anche altre indagini antimafia che vedevano applicati diversi pm della procura ordinaria. Ed il caso è pronto ad esplodere.

FONTE:antimafieduemila

domenica 4 maggio 2014

L'incendio di Odessa e la stampa italiana

Un pogrom antirusso, squadre naziste, elicotteri d'assalto, un rogo raccontato in modo vergognoso dalla stampa italiana. Il dramma ucraino e i media italioti [Pino Cabras]


di Pino Cabras.

Vediamo i lenzuoli sui corpi di decine di persone, nelle videoriprese di Odessa, in Ucraina. Lì è in atto un pogrom antirusso in pieno XXI secolo, con lancio di molotov, granate artigianali, assedi, bastonature. Squadre nazistoidi di Pravy Sektor ("Settore Destro"), protette e inquadrate anche nel resto del Paese da una giunta insediatasi dopo aver allontanato con la violenza un presidente eletto regolarmente, stanno devastando i luoghi di aggregazione sociale e politica - ossia i partiti, le associazioni, i sindacati - di una parte della popolazione di Odessa (maggioritaria) identificabile come russa, russofona o filorussa. La polizia della città sul Mar Nero ha lasciato fare per ore.
 

domenica 13 aprile 2014

“Jammer” per Di Matteo: Angelino Alfano non c’è per Salvatore Borsellino

A margine della manifestazione nazionale salta l’incontro con il ministro dell’Interno
di Lorenzo Baldo - 12 aprile 2014
Roma.
“Siamo in momento storico decisamente particolare: Berlusconi ai servizi sociali, l’arresto del latitante Dell’Utri, lo strano spostamento di 200 detenuti al 41bis e l’effettivo svuotamento del 416ter. E proprio in questo momento è ancora più determinante fare sentire la propria voce in ogni luogo e in ogni momento verso quei magistrati che stanno lottando con tutte le loro forze per portare avanti processi importanti come quello sulla trattativa Stato-mafia. Ognuno di noi deve fare la propria parte: cittadini, istituzioni, giornalisti”.
Le parole forti dell’on. 5Stelle, Giulia Sarti, sono arrivate dopo una mattinata di amarezze. Da tempo era stata programmata la manifestazione odierna (indetta dal movimento delle “Agende Rosse” di Salvatore Borsellino e dalla “Scorta civica”) da realizzarsi in piazza Beniamino Gigli, legata alla richiesta esplicita del “jammer” per Di Matteo. “Questo è un Paese anomalo – ha sottolineato la Sarti – in quanto si prendono degli impegni che non vengono mantenuti, mi riferisco alle promesse del ministro Alfano, fatte lo scorso mese di dicembre, sulla disponibilità del dispositivo anti-bomba ‘jammer’ al pm Nino Di Matteo. Le persone che manifestano oggi sono qui proprio per chiedere il rispetto di quelle promesse che non sono state mantenute.
L’unico modo che si ha per far sentire la propria voce è quello di fare pressione, in maniera civile, ma allo stesso tempo forte e compatta, perché non si può più tornare indietro. Finché non si otterrà la messa a disposizione del ‘jammer’ nei confronti del magistrato più esposto d’Italia quale è Di Matteo non smetteremo di chiederlo a gran voce. E’ doveroso e giusto andare fino in fondo. Se ci sono questioni tecniche da risolvere che si risolvano, ma non tra mesi o anni! Quanto tempo deve attendere questo Paese per mettere in sicurezza chi è nel mirino della criminalità organizzata? Non siamo più in grado di aspettare, basta!”.
Antefatto
Sono due gli episodi che vanno ricordati per capire il significato della giornata di oggi. Il primo riguarda la conferenza stampa tenuta a Palermo dallo stesso Alfano il 3 dicembre scorso. In quella occasione (dopo l’incontro del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza), alla domanda di Antimafia Duemila sulla mancata risposta all’interrogazione parlamentare dell’on. Luigi Di Maio del 14 ottobre 2013 (relativa alla effettiva disponibilità del “jammer” per Nino Di Matteo), il ministro dell’Interno aveva risposto che per il dott. Di Matteo il dispositivo anti bomba “era stato reso disponibile”. manifestazione-romaQuel giorno Alfano non aveva però specificato che il dispositivo anti-bomba “offerto” a Di Matteo era di quelli di prima generazione che portavano con sé pericolose controindicazioni per la salute umana e quindi lo stesso pm si era visto costretto a rifiutarlo. Il secondo episodio riguarda invece l’audizione del Ministro dell’Interno in Commissione parlamentare antimafia durante la trasferta milanese della commissione il 16 e 17 dicembre 2013. In quei giorni Alfano aveva risposto in tutt’altro modo ad una domanda dell’on. Giulia Sarti relativa all’effettivo utilizzo del “jammer” in Italia. “E’ altrettanto certo che un uso di questi dispositivi è stato già fatto anche in zone civili”, era stata la laconica risposta del ministro. “Riguardo al mezzo elettronico cui faceva riferimento l’onorevole Sarti – aveva specificato Alfano durante la sua audizione milanese – noi l’abbiamo già reso disponibile, salvo un’accurata verifica tecnica. Essendo dotato di una forte potenza elettromagnetica, può produrre effetti collaterali molto significativi alla salute e, quindi, è assolutamente da studiare”. Il Ministro aveva quindi sottolineato che si stava riferendo ad un’apparecchiatura “certamente utilizzata nei teatri di guerra, dove le zone frequentemente desertiche consentono di limitare al minimo i danni degli effetti collaterali”, per poi ribadire che, secondo le sue previsioni, lo studio che si stava effettuando si sarebbe concluso presto. “Non posso dire l’ora o il giorno, ma mi sento di dire che si concluderà in un ristrettissimo lasso di tempo, certamente nei prossimi giorni”, aveva sentenziato.
Da quel giorno sono passati 4 mesi e di questi test non si è saputo più nulla. Nel frattempo, al di là del fatto che a Nino Di Matteo è stato innalzato il livello di sicurezza, non sono minimamente diminuiti i rischi per la sua incolumità. E del “jammer” non si è più avuta alcuna notizia. 
L’incontro fantasma
Alcune settimane fa lo stesso Alfano aveva dato la disponibilità ad incontrare Salvatore Borsellino. Il fratello del giudice assassinato il 19 luglio 1992 aveva quindi concordato la data di oggi per realizzare questo incontro. Successivamente a quel primo accordo era però calato uno strano silenzio da parte del Viminale. Che si è concretizzato definitivamente oggi con la risposta degli agenti della Digos venuti ad accogliere Salvatore Borsellino e una delegazione di manifestanti: il ministro Alfano non c’è, è al convegno del Nuovo Centrodestra, al Viminale non c’è nessuno. Per Borsellino tanta rabbia e amarezza di fronte a quella che a tutti gli effetti è stata una reale mancanza di rispetto. viminale-2Che rispecchia fedelmente il disinteresse istituzionale ad affrontare la questione tanto delicata della sicurezza per Di Matteo. O forse Alfano ha avuto timore ad affrontare chi non avrebbe più accettato le sue menzogne sapientemente recitate davanti alle telecamere quattro mesi fa? Dopo un’ora di trattative è stato concesso unicamente di depositare al Viminale le circa 6000 firme di quelle persone che, impossibilitate a venire, hanno voluto ugualmente unirsi alla richiesta del “jammer” per Di Matteo. Ecco allora che Salvatore Borsellino insieme a quattro rappresentati della società civile e dell’informazione sono stati ricevuti da un paio di funzionari del gabinetto del ministro. In un’atmosfera surreale Borsellino ha spiegato quindi le motivazioni di quell’incontro ricordando per l’ennesima volta le tappe che hanno portato a quella manifestazione. Ai due silenti funzionari ha raccontato le promesse mai mantenute da Alfano, le evidenti contraddizioni e le sue spudorate menzogne. “Perché di questi test non si sa più nulla?”, “questo dispositivo anti-bomba avrebbe potuto evitare le stragi vent’anni fa”, ha ricordato il fratello di Paolo Borsellino ai due attoniti interlocutori. Senza alcun tentennamento ha evidenziato quindi quella che è stata una evidente “normalità” dell’utilizzo del “jammer” per la visita romana del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, a fronte di una dichiarata “anormalità” del suo stesso utilizzo per i magistrati condannati a morte dalla mafia. Dopo aver consegnato centinaia di fogli firmati da uomini e donne di tutta la penisola l’ingegner Borsellino e la piccola delegazione sono usciti accompagnati dagli agenti della Digos. Prima di accomiatarsi gli è stato “promesso” che in caso il ministro Alfano avesse avuto la possibilità di incontrarlo sarebbe stato avvisato. Con un senso di disillusione e amarezza Salvatore Borsellino ha lasciato quindi il Viminale per ricongiungersi con quel popolo variegato che da anni sta sostenendo la causa di giustizia e verità intrapresa da quest’uomo. Centinaia di persone con striscioni e manifesti colorati si sono spostati da Piazza Beniamino Gigli fino alla piazza di fronte al Ministero dell’Interno. “Non ci fermeremo – ha ribadito con forza Salvatore Borsellino – fino a quando non avremo risposte chiare, fino a quando non verrà disposto il bomb-jammer per Nino Di Matteo”.
Foto © ACFB
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venerdì 4 aprile 2014

Ecco cosa si nasconde dietro l'acquisto degli F35 voluti da PD e PDL .

solo i politici italiani riescono a fare questo tipo di affari!!!!
  Ecco cosa si nasconde dietro l'acquisto degli F35 voluti da PD e PDL . 
 
FONTE: ATTIVO.IT.                                                                                                                                                                                                          
 
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DOBBIAMO FARE UNA DIFFUSIONE A TAPPETO SU TUTTI I SOCIAL NETWORK PER RIUSCIRE AD INFORMARE PIU' GENTE POSSIBILE. L'ACQUISTO DI QUESTI INUTILI E DIFETTOSI F35, VOLUTI OGNI ANNO DA PD E PDL, NON E' ALTRO CHE UN FAVORE "PERSONALE MA CON SOLDI PUBBLICI" AI FABBRICANTI DI F35 E AI FORNITORI DEI PEZZI DI RICAMBI. IN PRATICA UN AEREO CI COSTA ALL'INIZIO CIRCA 200 MILIONI DI DOLLARI, MA CON LA MANUTENZIONE ORDINARIA IL SUO PREZZO NEL TEMPO AMMONTA A 700/800 MILIONI DI DOLLARI (I FAMOSI 13,5 MILIARDI DI EURO DI SOLDI PUBBLICI, SPESI GRAZIE AL PD E AL PDL, DIVENTANO 50 MILIARDI DI EURO NEGLI ANNI A SEGUIRE, IL TUTTO PER LA MANUTENZIONE DEGLI AEREI (PACCO) STESSI. ECCO COME SI REGALANO I SOLDI PUBBLICI AGLI AMICI DEGLI AMICI. - See more at: http://attivo.tv/player/news-e-informazione/ecco-cosa-si-nasconde-dietro-lacquisto-degli-f35-voluti-da-pd-e-pdl-fate-girare-tutti-devono-sapere#sthash.H6XHYuIO.dpuf
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