Programma di Alternativa-Politica

mercoledì 31 ottobre 2012

Chi possiede il mondo?

Chi possiede il mondo?
di Noam Chomsky
26 ottobre 2012

AMY GOODMAN: Siamo a Portland, Oregon, perché facciamo parte del giro in 100 città organizzato  dalla Maggioranza ridotta al silenzio.  Questa settimana in cui il presidente Obama e l’aspirante alla presidenza, Mitt Romney hanno fatto un dibattito su problemi di politica estera, e sull’economia, noi ci rivolgiamo a Noam Chomsky, dissidente politico famoso in tutto il mondo, linguista, scrittore, e professore al MIT. In un recente discorso, il professor Chomsky ha esaminato argomenti in gran parte ignorati  o soltanto accennati durante la campagna elettorale, dalla Cina alla Primavera Araba, al riscaldamento globale e alla minaccia nucleare posta da Israele contro l’Iran. Ha parlato il mese scorso all’Università del Massachusetts ad Amherst a un evento sponsorizzato dal Center for Popular Economics. La sua conferenza era intitolata. “Chi possiede il mondo?”

NOAM CHOMSKY: quando pensavo a queste osservazioni, avevo in mente due argomenti, non riuscivo a decidere quale dei due scegliere, in effetti molto ovvii. Uno è: quali sono i problemi più importanti che dobbiamo affrontare? Il secondo è: quali problemi non si stanno trattando seriamente – o per nulla – in questa follia quadriennale in corso che si chiama elezione? Mi sono però reso conto che non c’è un problema; non è una scelta difficile: sono lo stesso argomento. E ci sono delle ragioni che sono di per se stesse molto significative. Mi piacerebbe tornare su questo punto fra un momento. Prima dirò alcune parole sul contesto, iniziando dal titolo che è stato annunciato: “Chi possiede il mondo?”

In realtà, una bella risposta a questa domanda è stata data tanti anni fa da Adam Smith, una persona che ci si aspetta che adoriamo, ma che non leggiamo. Era un po’ sovversivo quando lo si legge. Si riferiva alla nazione che era la più potente del mondo ai suoi tempi, e, naturalmente, era la nazione che lo interessava, cioè l’Inghilterra. E ha fatto notare che in Inghilterra gli architetti della politica sono coloro che possiedono la nazione: e che ai suoi tempi erano i mercanti e i  produttori di merci. E ha detto che essi si assicurano di disegnare le linee politiche, in modo che i loro interessi vengano seguiti in modo particolare. La politica è al servizio dei loro interessi, per quanto sia doloroso l’impatto sugli altri, compreso il popolo inglese.

Smith era, però un conservatore vecchia maniera con principi morali, quindi ha aggiunto le vittime dell’Inghilterra, le vittime di quella che chiamava “l’ingiustizia selvaggia degli Europei”, dimostrata specialmente in India. Ebbene, non aveva illusioni su chi fossero i proprietari, quindi, per citarlo di nuovo, “Tutto per noi stessi e nulla per le altre persone, sembra, in ogni età del mondo, essere stata la ignobile  massima dei padroni del genere umano.” Era vero allora; è vero adesso.

La Gran Bretagna ha mantenuto la sua posizione come potenza mondiale dominante quando il ventesimo secolo era già cominciato da un pezzo, malgrado il  suo declino progressivo. Alla fine della seconda guerra mondiale, il dominio si era spostato rapidamente nelle mani dell’ultimo arrivato  al di là del mare, gli Stati Uniti, di gran lunga la società più potente e ricca nella storia del mondo. La Gran Bretagna poteva aspirare soltanto ad essere il suo socio meno anziano,  come aveva mestamente riconosciuto il Foreign Office britannico (il mistero degli esteri). In quel momento, il 1945, gli Stati Uniti possedevano letteralmente la metà della ricchezza mondiale, incredibile sicurezza, controllavano l’intero emisfero occidentale, entrambi gli oceani, le sponde opposte di entrambi gli oceani. Non c’è nulla, non c’è mai stato nulla del genere nella storia.


E i pianificatori lo hanno capito. I pianificatori di Roosvelt si incontravano  durante la Seconda  guerra mondiale per disegnare il mondo del dopo guerra. Erano molto sofisticati al riguardo, e  i loro piani sono stati abbastanza messi in pratica. Volevano assicurarsi che gli Stati Uniti avrebbero controllato quella che  chiamavano una “grande area” che avrebbe incluso, sistematicamente l’intero emisfero occidentale, tutto l’Estremo Oriente, l’ex Impero britannico, di cui gli Stati Uniti avrebbero preso il controllo, e il più possibile dell’Eurasia – cosa di importanza cruciale – i suoi centri di commercio e di industria in Europa occidentale. E nell’ambito di questa area, dicevano, gli Stati Uniti avrebbero mantenuto un potere indiscutibile con una supremazia militare ed economica, assicurando nello stesso tempo la limitazione di qualunque esercizio di sovranità da parte di stati che potessero interferire con questi disegni globali.

per vedere tutto: z net italy chi possiede il mondo?

Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
http://www.znetitaly.org
Fonte:http://www.zcommunications.org/who-owns-the-world-by-noam-chomsky
Originale: Democracy Now!
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2012 ZNET Italy –Licenza Creative Commons   CC BY-NC-SA 3.0

fonte:


Scorie nucleari e nuove energie

di Margherita Furlan Megachip.
Un viaggio insolito sta per compiersi a partire da uno dei posti meno indagati d’Italia. Il posto si trova in Piemonte, a Saluggia. È un ex reattore di ricerca, ha il nome di una gloria originaria del vercellese, il fisico Amedeo Avogadro.

Nel 1979 il reattore è stato dismesso e trasformato in deposito “temporaneo” di elementi di combustibile dell’ex centrale Enrico Fermi di Trino Vercellese. E il viaggio? Sono in partenza per gli Stati Uniti 52 elementi di combustibile di tipo "cruciforme" contenenti pastiglie di biossido di uranio con arricchimento non superiore al 3%. Così una vecchia storia, nata decenni fa e dimenticata per una generazione, ridiventa un problema attuale.

A causa di un malfunzionamento per un difetto di progettazione, la centrale di Trino fu fermata poco dopo la sua partenza e gli elementi di combustibile furono riprogettati per aumentare il rendimento del reattore e ridurre i problemi nel frattempo emersi. La riprogettazione comportò il mancato riutilizzo degli elementi "cruciformi" che furono collocati in deposito.

Negli USA gli elementi cruciformi subiranno un processo dal quale verrà recuperata una certa quantità di plutonio. Questo è lo scopo dichiarato dalle autorità governative, per il quale sembrerebbe necessario un trasporto sino al Porto di Trieste, attraversando l’intera Pianura Padana, diversamente dalla normalità dei casi in cui viene invece utilizzato il porto di La Spezia. 

Interi territori saranno attraversati da un carico lasciatoci in eredità da chi non aveva saputo risolvere un grave problema.

Come uscirne? Il tema delle scorie nucleari italiane è già stato lo spunto di un interessante progetto illustrato nel 2009 dal fisico italiano Carlo Rubbia (Nobel 1984 per la Fisica). Ora che le scorie stanno per viaggiare, il tema torna drammaticamente di moda, e sarà da approfondire scientificamente. Cosa fare delle scorie nucleari e della produzione di energia nucleare, ancora una volta, è tema da confrontare con le proposte alternative in ambito energetico. 

Cosa ci ricorda Rubbia? Nel mondo contiamo 436 reattori nucleari in 31 nazioni. Annualmente producono migliaia di tonnellate di nuove scorie.

Un reattore del tipo PWR scarica annualmente da 40 a 70 elementi di combustibile, mentre uno di tipo BWR da 120 a 200 (rispettivamente 461.4 e 183.3 Kg di uranio per assembly). 

La permanenza del combustibile dentro il reattore dura tre anni, prima di essere trasferito alle piscine di raffreddamento. Nel processo si generano circa 350 nuclidi differenti, e ben duecento sono radioattivi. Nel micidiale cocktail troviamo: uranio-238 (94%); uranio-235 (1%); plutonio (1%); attinidi minori [Np, Am, Cm] (0,1%); il resto sono prodotti di fissione.

Fra le scorie nucleari il più insidioso è il plutonio, che rimane pericoloso per circa 250mila anni. Gli attinidi perdurano a livelli pericolosi per circa 100mila anni (come dire tremila generazioni di esseri umani). Certi prodotti di fissione, come ad esempio alcuni isotopi dello iodio, del tecnezio e del cesio, sono particolarmente pericolosi per via della loro maggiore mobilità nella biosfera e la conseguente capacità di aderire di più alla nostra biologia (in riferimento alle vie di ritorno per l’uomo).

Per alleggerire il problema dello stoccaggio permanente delle scorie dei reattori nucleari è necessario quindi ridurre la formazione del plutonio e bruciare quello già prodotto.

Rubbia ha proposto un metodo[1] per rendere inerti le scorie radioattive e accorciarne l’emivita tramite il loro bombardamento con neutroni che si ottengono sparando protoni nel piombo fuso. Secondo il fisico italiano «stiamo parlando di ricerca. Dobbiamo studiare, ricercare, capire, ragionare. In circa otto anni potremmo costruire una macchina dimostrativa, e solo dopo si dovrà valutare la possibilità di passare davvero a un impiego commerciale di queste tecnologie. Se la macchina funziona il primo passo del progetto sarà bruciare le scorie che già ci sono.» In che misura? «Anche per l’Italia questo è un problema enorme: 300 tonnellate immagazzinate a Caorso, di cui 3 di plutonio. Che ne facciamo?»


In Europa oggi non ci sono abbastanza depositi di stoccaggio per far fronte alla grande produzione di scorie nucleari. La Croazia sta per diventarne la pattumiera. Il deposito sarà nella miniera d’argento in disuso a Majdan. Intorno, sarebbe automaticamente rischio un territorio di grande interesse naturalistico (tanto che si propone che diventi riserva mondiale con patronato Unesco). La miniera di Majdan però non è un luogo sicuro: il terreno intorno è poroso e ricco di sorgenti. Ed è assai vicina al fiume Una: in caso di contaminazione, gli inquinanti radioattivi sfocerebbero subito dalle sue acque a quelle del fiume Sava, e poi fino al Mar Nero dopo aver attraversato mezza Europa dell’Est. E poi arriverebbero i rifiuti da altri paesi europei. La via della radioattività coinvolgerebbe il Nord Italia e in particolare il Friuli Venezia Giulia.

Le ricerche di Rubbia prendono le mosse da questi problemi, ma senza facili illusioni. Lo sguardo spazia su tutti i campi dello sviluppo energetico. «Non solo il petrolio e gli altri combustibili fossili sono in via di esaurimento; anche l'uranio è destinato a scarseggiare entro 35-40 anni, come del resto l'oro, il platino, il rame. Non possiamo continuare perciò a elaborare piani energetici sulla base di previsioni sbagliate che rischiano di portarci fuori strada». Perciò Rubbia afferma[2]: «Dobbiamo sviluppare la più importante fonte energetica che la natura mette da sempre a nostra disposizione, senza limiti, a costo zero: e cioè il sole che ogni giorno illumina e riscalda la Terra».

Anche laddove l’energia nucleare ha una parte grande nel soddisfare il fabbisogno energetico del paese, come in Francia, resta, come ovunque nel mondo, il problema delle scorie. 

Anche le soluzioni fin qui proposte con il carbone presentano problemi enormi. Che non si risolvono nascondendo e “sequestrando” l'anidride carbonica sotto terra, che dura in media fino a 30 mila anni, contro i 22 mila del plutonio.

«Un impianto per la produzione di energia solare, costruito nel deserto del Nevada su progetto spagnolo costa 200 milioni di dollari, produce 64 megawatt e per realizzarlo occorrono solo 18 mesi. Con 20 impianti di questo genere si produce un terzo dell'elettricità di una centrale nucleare da un gigawatt. E i costi, oggi ancora elevati, si potranno ridurre considerevolmente quando verranno costruiti in gran quantità». 

Secondo Rubbia «noi possiamo sviluppare la tecnologia e costruire impianti di questo genere nelle regioni meridionali o magari in Africa, per trasportare poi l'energia in tutta Italia. Anche gli antichi romani dicevano che l'uva arrivava da Cartagine. Basti pensare che un ipotetico quadrato di specchi, lungo 200 km per ogni lato, potrebbe produrre tutta l'energia necessaria all'intero pianeta. E un'area di queste dimensioni equivale appena allo 0,1% delle zone desertiche del cosiddetto sun-belt. Per rifornire di elettricità un terzo dell'Italia basterebbe un anello solare grande come il raccordo di Roma». 

Mentre i camion scaldano i motori per raggiungere Saluggia, ricordiamo cosa aggiunge Rubbia: «Il sole non è soggetto ai monopoli. E non paga la bolletta.» 


Sino a quando il pianeta Terra consentirà tutto ciò a cui l’uomo accondiscende?

E per quali ragioni i nostri tecno-governi non investono in una ricerca che uno scienziato del calibro di Rubbia ci dice essere percorribile e vantaggiosa per l’umanità?

Ancora una volta verifichiamo come gli interessi finanziari governino il mondo e tengano in ostaggio i popoli, schiacciando anche la ricerca, ma soprattutto costringendo alla fame milioni di persone.


Margherita Furlan
Alternativa FVG
[1] Rubbia propone una variante del sistema ADS – Accelerator Driven System.
[2] Vedi http://www.repubblica.it/2007/03/sezioni/ambiente/energie-pulite/rubbia-solare/rubbia-solare.html
 fonte:




martedì 30 ottobre 2012

Eurogendfor, la nuova polizia europea con poteri illimitati

Praticamente non ne ha parlato nessuno. Praticamente la ratifica di Camera e Senato è avvenuta all’unanimità. Praticamente stiamo per finire nelle mani di una superpolizia dai poteri pressoché illimitati. Che sulla carta è europea, ma che nei fatti è sotto la supervisione statunitense. Tanto è vero che la sede centrale si trova a Vicenza, la stessa città dove c’è il famigerato Camp Ederle delle truppe USA

Alzi la mano chi sa cos’è il trattato di Velsen. Domanda retorica: nessuno. Eppure in questa piccola città olandese è stato posto in calce un tassello decisivo nel mosaico del nuovo ordine europeo e mondiale. Una tappa del processo di smantellamento della sovranità nazionale, portato avanti di nascosto, nel silenzio tipico dei ladri e delle canaglie. 
Il Trattato Eurogendfor venne firmato a Velsen il 18 ottobre 2007 da Francia, Spagna, Paesi Bassi, Portogallo e Italia. L’acronimo sta per Forza di Gendarmeria Europea (EGF): in sostanza è la futura polizia militare d’Europa. E non solo. Per capire esattamente che cos’è, leggiamone qualche passo. I compiti: «condurre missioni di sicurezza e ordine pubblico; monitorare, svolgere consulenza, guidare e supervisionare le forze di polizia locali nello svolgimento delle loro ordinarie mansioni, ivi comprese l’attività di indagine penale; assolvere a compiti di sorveglianza pubblica, gestione del traffico, controllo delle frontiere e attività generale d’intelligence; svolgere attività investigativa in campo penale, individuare i reati, rintracciare i colpevoli e tradurli davanti alle autorità giudiziarie competenti; proteggere le persone e i beni e mantenere l’ordine in caso di disordini pubblici» (art. 4). Il raggio d’azione: «EUROGENDFOR potrà essere messa a disposizione dell’Unione Europea (UE), delle Nazioni Unite (ONU), dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) e di altre organizzazioni internazionali o coalizioni specifiche» (art. 5). La sede e la cabina di comando: «la forza di polizia multinazionale a statuto militare composta dal Quartier Generale permanente multinazionale, modulare e proiettabile con sede a Vicenza (Italia). Il ruolo e la struttura del QG permanente, nonché il suo coinvolgimento nelle operazioni saranno approvati dal CIMIN – ovvero - l’Alto Comitato Interministeriale. Costituisce l’organo decisionale che governa EUROGENDFOR» (art. 3).

Ricapitolando: la Gendarmeria europea assume tutte le funzioni delle normali forze dell’ordine (carabinieri e polizia), indagini e arresti compresi; la Nato, cioè gli Stati Uniti, avranno voce in capitolo nella sua gestione operativa; il nuovo corpo risponde esclusivamente a un comitato interministeriale, composto dai ministri degli Esteri e della Difesa dei paesi firmatari. In pratica, significa che avremo per le strade poliziotti veri e propri, che non si limitano a missioni militari, sottoposti alla supervisione di un’organizzazione sovranazionale in mano a una potenza extraeuropea cioè gli Usa, e che, come se non bastasse, è svincolata dal controllo del governo e del parlamento nazionali.
Ma non è finita. L’EGF gode di una totale immunità: inviolabili locali, beni e archivi (art. 21 e 22); le comunicazioni non possono essere intercettate (art. 23); i danni a proprietà o persone non possono essere indennizzati (art. 28); i gendarmi non possono essere messi sotto inchiesta dalla giustizia dei paesi ospitanti (art. 29). Come si evince chiaramente, una serie di privilegi inconcepibili in uno Stato di diritto.
Il 14 maggio 2010 la Camera dei Deputati della Repubblica Italiana ratifica l’accordo. Presenti 443, votanti 442, astenuti 1. Hanno votato sì 442: tutti, nessuno escluso. Poco dopo anche il Senato dà il via libera, anche qui all’unanimità. Il 12 giugno il Trattato di Velsen entra in vigore in Italia. La legge di ratifica n° 84 riguarda direttamente l’Arma dei Carabinieri, che verrà assorbita nella Polizia di Stato, e questa degradata a polizia locale di secondo livello. Come  ha fatto notare il giornalista che ha scovato la notizia, il freelance Gianni Lannes (uno con due coglioni così, che per le sue inchieste ora gira con la scorta), non soltanto è una vergogna constatare che i nostri parlamentari sanciscano una palese espropriazione di sovranità senza aver neppure letto i 47 articoli che la attestano, ma anche che sia passata inosservata un’anomalia clamorosa. Il quartiere generale europeo è insediato a Vicenza nella caserma dei carabinieri “Chinotto” fin dal 2006. La ratifica è dell’anno scorso. E a Vicenza da decenni ha sede Camp Ederle, a cui nel 2013 si affiancherà la seconda base statunitense al Dal Molin che è una sede dell’Africom, il comando americano per il quadrante mediterraneo-africano.
La deduzione è quasi ovvia: aver scelto proprio Vicenza sta a significare che la Gestapo europea dipende, e alla luce del sole, dal Pentagono. Ogni 25 Aprile i patetici onanisti della memoria si scannano sul fascismo e sull’antifascismo, mentre oggi serve un’altra Liberazione: da questa Europa e dal suo padrone, gli Stati Uniti.


Alessio Mannino
www.ilribelle.com
28.02.2011

Per gentile concessione de “La Voce del Ribelle”
 fonte:

venerdì 26 ottobre 2012

The Newsroom Diffamazione, emendamento anti-Gabanelli: la norma che potrebbe mettere nei guai Report

Un emendamento Pdl prevede che editore e azienda non possano salvare il giornalista dalle conseguenze civili di una querela per diffamazione

È stata subito chiamato emendamento “anti-Gabanelli” quello inserito tra gli emendamenti sul Ddl che regolamenta la diffamazione a mezzo stampa. Si tratta di un emendamento il cui testo è stato curato dal senatore del Pdl Antonio Caruso e firmato dal senatore Giacomo Caliendo, sempre Pdl. Un Ddl che ha l’obiettivo dichiarato di salvare Alessandro Sallusti, ex direttore di Libero, dal carcere, ma che rischia di mettere in catene tutta la categoria dei giornalisti che i occupano di inchieste.

Il provvedimento mira a eliminare quella che in gergo viene chiamata “manleva”, ovvero rende nulle tutte le clausole che sollevano dalle conseguenze patrimoniali gli autori di reati a mezzo stampa se l’editore o il proprietario della pubblicazione si assume l’onere del danno per la responsabilità civile. In pratica, sarà sempre e comunque il giornalista a doversi fare carico delle conseguenze economiche delle sanzioni (pene e risarcimento danni) in seguito al lavoro svolto. Editori o proprietari delle testate non possono così dare un paracadute ai propri giornalisti. L’emendamento infatti prevede che sono nulle, ai sensi dell’articolo 1418, terzo comma, del Codice civile, le clausole dei contratti in forza delle quali gli autori di reati a mezzo stampa, «sono sollevati in tutto o in parte, dagli oneri derivanti dal pagamento delle pene pecuniarie loro comminate a seguito dell’accollo degli stessi da parte delle altre persone indicate». In un primo momento l’emendamento prevedeva addirittura, in caso di recidiva, il licenziamento per giusta causa del giornalista ma almeno questa parte è stata eliminata dal testo definitivo.

Il caso Gabanelli e non solo. È stata proprio l’autrice e presentatrice di Report al centro di un caso simile quando la Rai, nel 2011, in fase di rinnovo del contratto, voleva eliminare le clausole sulla manleva. Una proposta che Milena Gabanelli valutò come inaccettabile e che, dopo un lungo braccio di ferro, portà al via libera del Cda Rai, su proposta del direttore generale Lorenza Lei alla tutela legale per Report (e quindi non solo per la Gabanelli, ma anche per tutti i giornalisti che lavorano al programma). Un salavagente indispensabile anche per chi, come la giornalista, non ha mai perso una causa.

Un altro caso che ha fatto molto discutere è quello che ha come protagonista un giornalista free lance, Paolo Barnard, autore di inchieste in materia di case farmaceutiche e terrorismo internazionale. A lui e alla Rai è stata intentata una causa da alcune case farmaceutiche oggetto dell’inchiesta “Little Pharma & Big Pharma”, trasmessa da Raitre nel 2001 e riproposta due anni dopo, in cui Barnard si occupava della pratica del “comparaggio farmaceutico”: in questo caso non c’è stato alcun salvataggio da parte dell’azienda e ne ha nato un aspro scontro di cui Bernard parla anche nel libro “Censura legale”.
fonte:

Nel 2020 il sistema anti-missile Nato minaccerà Mosca di G. Tuscin Pubblicato il 26 Ottobre 2012

Il presidente del comitato che, nell'ambito del parlamento russo, la Duma, si occupa della difesa, Vladimir Komoyedov, ha dichiarato che il sistema anti-missile Nato sarà in grado di minacciare Mosca entro il 2020.
Lo schieramento del sistema, infatti, prevede quattro fasi successive, delle quali sono state già completate le prime due, la terza lo sarà entro il 2018 e con la quarta, appunto, i sistemi antimissile navali Aegis saranno in grado di colpire la capitale russa.
Nel 2011, l'allora presidente russo Dmitry Medvedev aveva ammonito che la Russia sarà costretta a dislocare i propri missili Iskander nelle basi di Kaliningrad a ovest e di Krasnodar a sud, nel caso in cui gli Usa proseguano nello sviluppo di questo programma, il cui schieramento di avvicina sempre più al cuore politico della Russia.
Komoydov ha ora affermato che la Russia possiede tutte le necessarie risorse tecnologiche per fare fronte a questa minaccia.

fonte: clarissa.

sabato 20 ottobre 2012

Gli Usa creano una forza di elite libica anti-islamica di A.T.

Pubblicato il 18 Ottobre 2012

Le conseguenze dell'uccisione dell'ambasciatore J. Christopher Stevens e di tre funzionari nell'attacco all'ambasciata Usa a Bengasi non si sono fatte attendere.
Secondo un memorandum interno del Dipartimento di Stato, datato 8 settembre, afferma il New York Times, gli Stati Uniti sarebbero intenzionati ad addestrare una forza di elite libica di circa cinquecento uomini, specializzata in operazioni anti-terrorismo contro gli integralisti islamici, utilizzando 8 milioni di dollari inizialmente destinati ad operazioni delle forze anti-terrorismo Usa in Pakistan. Saranno infatti gli uomini delle Forze Speciali americane a farsi carico dell'addestramento di questa unità, come già hanno fatto in Pakistan e nello Yemen.
Sono misure che dimostrano il livello di polverizzazione del tessuto socio-politico libico dopo la campagna anti-Gheddafi voluta dal presidente francese Sarkozy, che lascia il Paese nordafricano in una condizione di non-Stato, della quale ovviamente possono approfittare tutte le forze interessate a destabilizzare da un lato il mondo arabo-musulmano e dall'altro l'Africa centro-settentrionale.
La questione è di rilevante importanza per l'Italia, dato che le forze Usa di stanza nel nostro Paese vengono proprio in questi mesi riorganizzate appositamente per il teatro africano. Lo dimostrano le notizie sulla creazione, nella sede dell'ex Pluto Site di Longare presso Vicenza, dove dovrebbe sorgere un centro di addestramento simulato inter-forze gestito proprio dall'U.S. Army Africa, la componente terrestre dello U.S. Africom, il comando strategico nordamericano che da pochi anni ha "preso in carico" le operazioni nel continente africano.
A Longare è di stanza, fra l'altro, la 173a brigata aviotrasportata Usa, unità altamente specializzata Usa, con un curriculum di tutto rispetto nella II Guerra Mondiale e in Vietnam, ricostituita nel 2000, nella fase delle riorganizzazione dell'apparato bellico americano seguito alla nuova strategia di impegno diretto in Medio Oriente, dove infatti la brigata è stata impiegata, in Iraq nel 2003 e in Afghanistan dal 2005 al 2010, nella campagna Enduring Freedom.
Non si può nemmeno escludere, vista la fama lusinghiera di cui godono a livello internazionale, che in questo lavoro sia coinvolto anche il COESPU, il centro d'eccellenza per le forze di polizia estere creato dall'Arma dei Carabinieri a Vicenza, nella Caserma "Chinotto".

fonte:clarissa.

venerdì 19 ottobre 2012

Argomenti che Obama e Romney evitano

di Noam Chomsky - znetitaly.
Quando lo spettacolo quadriennale delle elezioni arriva al culmine, è utile chiedersi come le campagne di propaganda  politica trattano dei problemi  cruciali  che dobbiamo affrontare. La risposta semplice è: male o  per nulla. Se è così, sorgono alcune importanti domande: perché, e che cosa possiamo fare a riguardo?


Ci sono due argomenti di importanza assoluta, perché è in gioco il destino della  nostra specie: il disastro ambientale e la guerra nucleare.

Il primo appare regolarmente sulle prime pagine dei giornali. Il 19 settembre, per esempio, Justin Gillis ha scritto sul New York Times che lo scioglimento del ghiaccio del Mare Artico si era fermato per un anno, “ma non prima aver demolito il record precedente – e aver lanciato nuovi avvertimenti sul rapido ritmo dei cambiamento nella regione.”
Lo scioglimento è molto più veloce di quanto previsto da sofisticati modelli informatici e dal più recente rapporto dell’ONU sul riscaldamento globale. Nuovi dati indicano che il ghiaccio estivo potrebbe sparire entro il 2020, con gravi conseguenze. In base a stime precedenti il ghiaccio estivo dovrebbe scomparire nel 2050.
“I governi  hanno però reagito al cambiamento senza molta urgenza riguardo alla limitazione delle emissioni dei gas serra,” scrive Gillis. “Al contrario, la loro reazione principale è stata quelle di pianificare lo sfruttamento di minerali di recente accessibili nel Artico, e anche le trivellazioni per cercare altro petrolio” – cioè accelerare la catastrofe.
Questa reazione dimostra una straordinaria disponibilità a sacrificare la vita dei nostri figli e nipoti, per un guadagno temporaneo. O, forse, una disponibilità ugualmente notevole a chiudere gli occhi in modo da non vedere il pericolo incombente.
Non è certo tutto. Un nuovo studio del  Monitoraggio della vulnerabilità climatica (Climate Vulnerability Monitor), ha trovato che “i cambiamenti climatici causati dal riscaldamento globale stanno rallentando la produzione economica mondiale del 1,6 % all’anno e porteranno al raddoppiamento dei costi nei prossimi venti anni.” Lo studio è stato ampiamente diffuso altrove, ma agli Americani sono  state risparmiate questa  notizie inquietanti.
Le piattaforme ufficiali democratiche e repubblicane in materia di clima sono esaminate nel numero di settembre della rivista Science. In un raro caso di accordo bipartitico, entrambi i partiti esigono  che si peggiori il problema.
Nel 2008, entrambe le piattaforme dei partiti, hanno dedicato una certa attenzione al modo in cui il governo dovrebbe occuparsi del cambiamento climatico. Oggi l’argomento è quasi sparito dalla piattaforma del partito repubblicano che, tuttavia, richiede che il Congresso “agisca in fretta” per evitare che l’Agenzia per la protezione ambientale, istituita dall’ex presidente repubblicano Richard Nixon, in tempi più saggi, regoli i gas serra. E dobbiamo aprire la zona protetta denominata Arctic Refuge, in Alaska alle trivellazioni per “trarre vantaggio  da tutte le risorse americane che Dio ci ha concesso.” Dopo tutto, non  possiamo disobbedire al Signore.
La piattaforma afferma anche che “Dobbiamo ripristinare l’integrità scientifica per la nostre istituzioni pubbliche per la  ricerca e eliminare gli incentivi politici dalla ricerca sovvenzionata con fondi pubblici – parole in codice per “scienza del clima”.
Il candidato repubblicano Mitt Romney, cercando di evitare il marchio di infamia  a causa di ciò che aveva capito pochi anni fa riguardo al cambiamento di clima, ha dichiarato che non c’è consenso scientifico, quindi dovremmo appoggiare più dibattiti e ricerche – ma non l’azione, eccetto nel caso che vogliamo rendere più gravi i problemi.
I Democratici nella loro piattaforma dicono che c’è un problema, e raccomandano che dovremmo lavorare “per arrivare a un accordo per stabilire i limiti delle emissioni, di comune accordo con altre  potenze emergenti.” Ma questo è quanto.
Il presidente Barack Obama ha messo in risalto che dobbiamo guadagnare 100 anni di indipendenza energetica sfruttando le fratturazioni * e altre nuove tecnologie – senza chiederci come sarebbe il mondo dopo un secolo di queste pratiche.
Ci sono quindi delle differenze tra i partiti: riguardano il tipo di entusiasmo con il quale i pecoroni  dovrebbero marciare verso il precipizio.
Anche il secondo problema, la guerra nucleare, è sulle prime pagine  ogni giorno, ma in un modo che stupirebbe   un marziano che osserva gli strani eventi sulla terra.
L’attuale minaccia è ancora in Medio Oriente, in modo particolare in Iran – almeno secondo l’Occidente, cioè. In Medio Oriente, gli Stai Uniti e Israele sono considerati minacce molto più grandi.
Al contrario dell’Iran, Israele si rifiuta di permettere ispezioni o di firmare il  Trattato di non proliferazione nucleare. Ha centinaia di armi nucleari e di sistemi avanzati per il loro impiego,   e un lungo curriculum di violenze, aggressioni e illegalità, grazie all’incessante appoggio americano. I servizi segreti degli Stati Uniti non sanno se l’Iran stia cercando di  mettere a punto armi nucleari.
Nel suo più recente rapporto, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica dice che non può dimostrare “l’assenza di materiale e di attività  nucleari non dichiarati  in Iran” – un modo indiretto di condannare l’Iran, come richiedono gli Stati Uniti, mentre nello stesso tempo ammette che l’agenzia non può aggiungere nulla alle conclusioni dei servizi segreti statunitensi.
All’Iran quindi si deve negare il diritto di arricchire l’uranio che è garantito dal NPT e approvato dalla maggior  parte del mondo, compresi i paesi non allineati che si sono appena incontrati a Tehran.
Il problema della possibilità che l’Iran possa mettere a punto armi nucleari  si presenta   nella campagna elettorale. (Il fatto che Israele le abbia già non compare). Ci sono due posizioni contrapposte: gli Stati Uniti dovrebbero dichiarare che attaccheranno se l’Iran riesce raggiungere  la capacità di mettere a punto armi nucleari, che hanno tante nazioni? Oppure Washington dovrebbe mantenere più indefinita la “linea rossa”?
La seconda posizione è quella della Casa Bianca; la prima è richiesta dai falchi di Israele ed è accettata dal Congresso. Il Senato ha appena votato con 90 voti a 1 per appoggiare la posizione di Israele.
Dal dibattito è assente la scelta dell’ovvia maniera di mitigare o di mettere fine a qualsiasi minaccia si ipotizzi possa presentare l’Iran: istituire una zona priva di armi nucleari nella regione. L’occasione è disponibile facilmente: si deve convocare una conferenza internazionale tra pochi mesi per perseguire questo obiettivo, appoggiata da quasi tutto il mondo, compresa una maggioranza di Israeliani.
Il governo di Israele, tuttavia, ha annunciato che non parteciperà fino a quando non ci sia un accordo generale di pace nella regione, il che è irrealizzabile fino a quando Israele persiste nelle sue attività illegali nei territori palestinesi occupati. Washington resta sulla stessa posizione, e insiste che Israele deve essere esclusa da qualsiasi accordo regionale di questo tipo.
Potremmo andare verso una guerra devastante, forse perfino nucleare. Esistono modi  diretti  per superare questa minaccia  ma non verranno adottati a meno che non ci sia un attivismo pubblico su larga scala che richieda di perseguire questa occasione. A sua volta anche questo è altamente improbabile fino a quando queste questioni rimangono escluse dal programma, non soltanto nel circo elettorale, ma anche sui mezzi di informazione e in nell’ambito di un più vasto dibattito nazionale.
Le elezioni vengono gestite dall’industria  delle pubbliche relazioni, il cui compito primario è la pubblicità commerciale, che è progettata per indebolire i mercati creando consumatori non informati che faranno scelte irrazionali – l’esatto opposto di come si ipotizza che funzionino i mercati, ma certamente noto a chiunque abbia guardato la televisione.
E’ del tutto naturale, che quando viene assunta per gestire le elezioni, l’industria adotti le stesse procedure nell’interesse dei padroni, che certamente non vogliono vedere cittadini informati che fanno scelte razionali.
Le vittime, tuttavia, non devono ubbidire, in entrambi i casi.  La passività può essere la direzione facile,  ma non è certo quella giusta.

fonte:

Md contro Ingroia. La storia si ripete




di Giorgio Bongiovanni - 12 ottobre 2012
Nella storia della lotta alla mafia, e in particolare nel percorso vissuto da quegli uomini che hanno fatto della lotta alla mafia più che una professione una vera e propria “missione”, si sono verificate vicende così uguali (nella modalità e nella tempistica), che non si può non dire che la storia si ripete. Il percorso di Pietro Scaglione, Gaetano Costa, Rocco Chinnici, passando per il generale dalla Chiesa, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e tanti altri è stato per certi versi identico.

Queste persone avevano come denominatore comune il fatto di essere integerrimi nella lotta alla mafia, incorruttibili, dei veri leader capaci di smascherare (attraverso indagini strategiche, creando veri e propri pool) i rapporti tra la mafia e il potere. Oltre a questo comune denominatore ce n’era un altro ancora più devastante. Essere costantemente e implacabilmente attaccati e offesi dai nemici “legittimi” come i mafiosi, la stampa para mafiosa, il potere economico e soprattutto la politica di destra, di centro e anche di sinistra, nella migliore delle ipotesi “tollerante” della mafia, nella peggiore delle ipotesi “collusa” con la mafia. Ma non solo. La cosa più grave che si verificava e si verifica a tutt’oggi, a dimostrazione che la storia si ripete, riguardava  gli attacchi, gli ostacoli, i tradimenti, le offese, le invidie, le gelosie, l’odio che provenivano dagli amici, dall’interno delle istituzioni che loro stessi servivano e alle quali appartenevano.  L’ultimo, clamoroso, assurdo episodio che conferma la regola riguarda la volgare e incivile offesa che viene fatta al giudice Ingroia da Magistratura Democratica, l’istituzione tra le più importanti nella storia della magistratura fondata per tutelare non solo l’immagine, la professionalità e la preparazione dei magistrati iscritti a questa corrente, ma anche la libertà di pensiero.
Farà bene Ingroia a dimettersi da un movimento che si è trasformato da pionieristico a sinedrio, a chiesa, a setta.
Quello che ferisce maggiormente sono gli attacchi che giungono ad Antonio Ingroia dai colleghi e amici di indagini antimafia, amici con i quali Ingroia ha pianto sulle bare di Falcone e Borsellino. Perché succede tutto questo, qual è la ragione? Questi amici sono collusi con la mafia? Sono stati pagati dal potere per ostacolare Ingroia? Sicuramente no. A questi esponenti di Magistratura Democratica hanno promesso forse dei posti di potere nel prossimo governo? Sicuramente no, ma se dovessero continuare qualcuno potrebbe pensare male.
Si potrebbe anche pensare che si tratta di una strategia offensiva al contrario del tipo: io devo aiutare il mio amico che sta sbagliando, non è più umile, vuole essere protagonista e magari vuole scendere in politica quindi lo attacco per fargli capire che è nell’errore. Certi attacchi arrivano da personaggi che, dimenticando il passato, dimenticando le bare sulle quali hanno pianto, non si rendono conto che così facendo diventano complici ideali di coloro che vogliono che Antonio Ingroia appaia solo. A questi oscuri personaggi, ai killer e ai mandanti basta che Ingroia o magistrati come lui appaiono soli per poterli colpire. Ecco quindi che la storia si ripete.
Grazie a Dio all’interno di Md ci sono valorosi magistrati come Giancarlo Caselli, Vittorio Teresi, Lia Sava ed altri che al contrario difendono l’operato di magistrati come Ingroia.
Da giornalista che conosce a fondo la storia della mafia e dell’antimafia consiglierei ai vertici di Magistratura Democratica di battersi il petto e dire “mea maxima culpa”. Con umiltà e altrettanta fermezza consiglierei loro (al di là di eventuali legittimi disaccordi con Ingroia)  di apparire e dimostrare al nemico che si è uniti senza lasciare da solo l’amico, il collega e il fratello con il rischio che quest’ultimo venga colpito dal nemico. Mi rammarico tanto che alcuni di quei magistrati che hanno pianto sulle bare dei loro amici non abbiano tratto una lezione dal passato.
Oggi il giudice Ingroia viene accusato di voler scendere in politica, ma visto che salvo rarissime eccezioni (di singoli esponenti politici) è stato attaccato praticamente da tutti con quale partito potrebbe presentarsi?! Quale sarebbe quindi il grande partito politico che secondo i sondaggi appoggerebbe Antonio Ingroia?!
Di fatto tra le accuse a lui rivolte vi è quella che riguarda la sua partecipazione a convegni legati a partiti politici.   Ritengo che non solo faccia bene ad andarci, ma sottolineo come sia Giovanni Falcone che Paolo Borsellino abbiano partecipato a diversi incontri organizzati da partiti politici di destra (MSI) e di sinistra (PCI). A tal proposito basta riprendere  gli estremi delle date e dei luoghi che attestano la loro partecipazione a questi incontri (così come mi accingo a fare in un prossimo editoriale).
Secondo il mio pensiero Ingroia lascerebbe la toga solo nel caso in cui scoprisse che ormai la magistratura è arrivata al punto massimo delle indagini nella ricerca della verità sulle stragi di Stato; in quel caso quindi opterebbe per continuare quella ricerca attraverso la politica. Magistrati come Ingroia sono a tutti gli effetti servitori dello Stato-stato, sono gli stessi  che hanno promesso sulle bare degli eroi e dei padri della nostra Patria di trovare la verità dall’interno di qualunque istituzione facessero parte.
Ma di queste “eresie” evidentemente è meglio non farne menzione e lasciare piuttosto spazio a pericolose e strumentali polemiche tanto utili ai poteri criminali del nostro Paese.
Sono sempre più convinto che Magistratura Democratica perseveri nell’errore, così come si legge nella Bibbia “Errare humanum est, perseverare autem diabolicum”.  Non scorderò mai che nel 1988 Md, con il dissenso di Giancarlo Caselli (che votò a favore di Giovanni Falcone), ma sostenuta da quello che Paolo Borsellino definì un “Giuda”, bocciò Falcone come consigliere istruttore caricandosi una parte di responsabilità con la sua morte.
Il settarismo è il baratro delle religioni, ma dovremmo ricordarci che è altrettanto letale anche nei movimenti laici.

fonte:antimafiaduemila.

mercoledì 17 ottobre 2012

LA CORRUZIONE







LA CORRUZIONE
Le cifre della tassa occulta che impoverisce e inquina il paese
I dati Eurobarometer 2011 presentati da Libera
 
 
 
 
 
 
  La corruzione nel nostro Paese è un cancro le cui metastasi si sono allargate in modo generalizzato. Invasivo. Silenzioso. Difficile da debellare. Che uccide moralmente e fisicamente. Una Tangentopoli infinita, che cambia aspetto e si rigenera anno dopo anno. Che non scava soltanto voragini nei bilanci pubblici ma genera un pericoloso deficit di democrazia e devasta l'ambiente in cui viviamo. La corruzione è a livelli mastodontici e può crescere ancora, se non si contrasta in modo netto, senza mediazioni, con volontà politica concreta , al di là delle parole. Ma se il costo diretto della corruzione, stimato all'incirca in 60 miliardi di euro, è un fardello pesante per i disastrati bilanci dello Stato, ancora più allarmanti sono i danni politici, sociali e ambientali: la delegittimazione delle istituzioni e della classe politica, il segnale di degrado del tessuto morale della classe dirigente, l'affermarsi di meccanismi di selezione che premiano corrotti e corruttori nelle carriere economiche, politiche, burocratiche, il dilagare dell'ecomafia, attraverso fenomeni come i traffici di rifiuti e il ciclo illegale del cemento, che si alimentano quasi sempre anche grazie alla connivenza della cosiddetta "zona grigia", fatta di colletti bianchi, tecnici compiacenti, politici corrotti.
 
La corruzione ci ruba il futuro, in tutti i sensi. Una mega tassa occulta che impoverisce il paese sul piano economico, politico, culturale e ambientale. Un male che comporta rischi per la credibilità della nostra economia, per la tenuta della nostra immagine all'estero, per gli investimenti nel nostro Paese. E che crea disuguaglianze, massacra le politiche sociali, avvelena l'ambiente, tiene in ostaggio la democrazia.
 
La corruzione costa ma non tutti pagano allo stesso modo. A farne le spese sono le fasce deboli, i poveri, gli umili, le cooperative sociali che chiudono, gli enti che sono costretti a tagliare sull'assistenza, sulle mense scolastiche e non ce la fanno ad andare avanti. Un cancro che mina quotidianamente il rapporto di fiducia tra cittadini ed istituzioni, alimentando un clima diffuso di sospetto. Quando il pagamento delle tangenti diventa prassi comune per ottenere licenze e permessi, e la risorsa pubblica è risucchiata nei soliti giri di potere, ciò che viene sacrificato sull'altare dei furbetti di turno è soprattutto la credibilità dello Stato. Con un doppio rischio: da un alto un'illegalità sdoganata in virtù della sua diffusione, in un clima di generale rassegnazione; dall'altro gli appesantimenti burocratici, la ridondanza di controlli, leggi e leggine che diventano una sorta di persecuzione dello Stato sui cittadini onesti, messo in atto nel tentativo di colpire chi viola le regole.
 

Quale speranza, quale spinta può avere un Paese, se i suoi abitanti sono convinti che solo nelle ruberie si nasconda la chiave del successo e che la legalità sia un inutile "fardello"? Quella che emerge oggi, in definitiva, non è tanto una corruzione liquida o gelatinosa, come l'hanno definita commentatori e inquirenti per contrapporla a quella del passato, strutturata intorno all'obolo coatto versato dalle imprese ai partiti. È infatti una corruzione ancora "solidamente" regolata, dove però a seconda dei contesti il ruolo di garante del rispetto delle "regole del gioco" è ricoperto da attori diversi: l'alto dirigente oppure il faccendiere ben introdotto, il "boss dell'ente pubblico" o l'imprenditore dai contatti trasversali, il capofamiglia mafioso o il leader politico a capo di costose macchine clientelari. Collocandosi al centro delle nuove reti di corruzione, questi soggetti riescono ad assicurare che tutto fili liscio, favoriscono l'assorbimento dei dissidi interni e creano le condizioni per l'impermeabilità del sistema della corruzione ad intrusioni esterne.
La "nuova" corruzione presenta poi un altro elemento chiave di continuità rispetto a quella svelata all'inizio degli anni Novanta. È ancora una corruzione sistemica, nella quale le condotte, gli stili, le movenze degli attori coinvolti appaiono incardinati entro copioni prefissati, seguono regole codificate. Appaiono tuttora in vigore - proprio come nelle storie svelate da Mani pulite - norme di comportamento che facilitano l'identificazione di partner affidabili, emarginano o castigano onesti e dissenzienti, socializzano i nuovi entrati, scongiurano pericolose controversie, abbattono i rischi. Come mostrano le conversazioni tra i soggetti coinvolti nelle inchieste, chi partecipa al gioco della corruzione sistemica sa bene a quali interlocutori rivolgersi e la loro attendibilità, quali codici linguistici utilizzare, le percentuali da pagare, i parametri di spartizione delle tangenti o i criteri di rotazione seguiti da imprese o partiti cartellizzati.
 
Per combattere e vincere questo cancro invasivo bisogna partire dai numeri. Oscuri, inquietanti, drammatici.
 
 

martedì 16 ottobre 2012

Aiuti Ue, da Atene a Dublino montagna di soldi alle banche. Ai cittadini sacrifici

di Mauro Del Corno - Il Fatto Quotidiano.

I fondi elargiti a Paesi europei in difficoltà come Irlanda, Grecia e Portogallo, un domani Spagna e poi, forse, Italia sono gravati da interessi tutt’altro che simbolici e concessi in cambio di giri di torchio sulle rispettive popolazioni.

Ovunque la scusa del risanamento dei conti pubblici (spesso dissestati a causa dei soldi spesi per salvare le banche) è stata utilizzata per sdoganare l’opera di smantellamento dello Stato sociale e di mortificazione dei redditi da lavoro.


Un approccio che, oltre a non aver sinora sortito nessun risultato positivo per l’economia, appare ancora più stridente se confrontato con il trattamento riservato alle banche. Per loro i prestiti elargiti da Banca centrale europea e Unione europea a costi irrisori e senza nessun vincolo di utilizzo. Giusto qualche blanda raccomandazione ‘pro forma’ e via.
Finanziamenti che arrivano dopo che i singoli Stati del Vecchio Continente hanno messo in campo la bellezza di 2.300 miliardi di euro per riparare le falle dei loro sistemi bancari. Questa la situazione attuale dei Paesi che hanno chiesto e ottenuto fondi di sostegno.

PORTOGALLO. Lisbona ha ricevuto dalla famigerata Troika (Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea, Unione Europea) un prestito da circa 80 miliardi di euro a un tasso del 4% annuo. In base ai calcoli del ministero delle Finanze alla fine i portoghesi pagheranno 35 miliardi di euro in interessi, più o meno 3.500 euro a testa. Ma non finisce qui perché i fondi sono arrivati in cambio di un progressivo indebolimento del welfare e di una decisa compressione del costo del lavoro. Secondo gli accordi la spesa pubblica dovrebbe venire quasi dimezzata in quattro anni. I fondi per farmaci e assistenza ospedaliera sono già stati decurtati per quasi un miliardo di euro. Sul fronte lavoro gli stipendi sono scesa in media del 7% e i lavoratori sono stati obbligati a sottoscrivere un’assicurazione contro la disoccupazione. Mentre la popolazione è sottoposta a questa cura lacrime e sangue le banche portoghesi hanno preso a prestito dalla Banca Centrale Europea circa 50 miliardi di euro (non esistono dati ufficiali ma solo stime) nell’ambito del programma di iniezione di liquidità (LTRO) varato da Mario Draghi tra fine 2011 e inizio 2012. Come per tutte la banche che hanno usufruito dei fondi il tasso è fissato all’ 1% e non esistono vincoli all’utilizzo.

IRLANDA. Le cifre sono simili a quelle del Portogallo e il gioco è sempre lo stesso, alle banche viene dato tanto in cambio di quasi niente, alla popolazione poco in cambio di quasi tutto. Dublino fu costretta a chiedere aiuto perché il Governo decise di farsi garante di tutte le perdite del sistema bancario nazionale, i cui conti apparivano devastati dopo lo scoppio della bolla immobiliare, portando così il suo debito dal 25 all’80% del Pil in soli tre anni. Arrivò così un assegno di 85 miliardi di euro a firma Fmi ed Unione europea. Come per i portoghesi gli interesse che gli irlandesi dovranno pagare attraverso le tasse è di circa il 4% (varia a seconda delle scadenze delle diverse tranches) e come accompagnamento c’è da trangugiare il solito cocktail indigesto di misure su welfare e lavoro. Da qui al 2014 la spesa per sanità, scuole, assistenza verrà ridimensionata del 13%, gli stipendi pubblici sono già stati ridotti del 20% mentre sul salario minimo, che riguarda tutti, è arrivata una sforbiciata dell’11 per cento. E ancora aumento dell’Iva, delle imposte sui redditi, delle tasse universitarie con l’obiettivo finale di garantirsi un maggior gettito fiscale di 5 mld di euro l’anno. Vengono invece risparmiate le aziende che conservano la tassazione super favorevole del 12,5% sui loro profitti. E le banche? Anche quelle irlandesi hanno approfittato ampiamente della maxi offerta Bce. Nei loro forzieri sono arrivati quasi 80 miliardi di euro con il solito tasso dell’1% e assoluta libertà di impiego.

GRECIA. Per il malato più grave il ‘successo’ della cura dell’austerità a firma Bce, Fmi, Ue è sotto gli occhi di tutti: Pil a meno 5%, conti pubblici che continuano a deteriorarsi, disoccupazione passata dal 17 al 25% in un anno. Finora a favore di Atene sono stati stanziati prestiti per un valore che si avvicina ai 240 miliardi di euro, in parte già corrisposti in parte programmati per il prossimo anno con tassi di interesse che oscillano tra il 3,5 e il 4% (solo dalla prima tranches la Germania ha già incassato 400 milioni di euro in interessi). La lista dei sacrifici imposti alla popolazione si allunga di giorno in giorno e comprende misure che ormai sfiorano il grottesco. Anche qui gli ingredienti base sono tagli a sanità, assistenza, spesa sociale e ghigliottina sugli stipendi: – 25% quelli pubblici, – 15% quelli privati e salario minimo ridotto del 22%. Più complessa la situazione del settore bancario che non partecipa all’abbuffata di fondi LTRO ma che prende ossigeno dal programma Emergency liquidity assistance sempre made in Francoforte, ma con condizioni un po’ più severe

SPAGNA. Alle banche iberiche non sono bastati i circa 300 miliardi presi in prestito dalla Bce all’1 per cento. Hanno avuto bisogno di altri 100 miliardi di euro elargiti a condizioni un poco più onerose attraverso il fondo “Salva Stati”(il virgolettato è d’obbligo) per rafforzare il loro capitale. Visti i precedenti è comprensibile che il governo Rajoy stia facendo di tutto per evitare un intervento a sostegno del sistema paese che arriverebbe sotto forma di acquisti di titoli pubblici da parte della Bce subordinato all’accettazione di una serie di impegni. Come accaduto per Grecia, Irlanda e Portogallo il ricorso al soccorso esterno vorrebbe dire sottoporsi definitivamente ai diktat di Bruxelles e Francoforte. Madrid ha comunque già una mano legata essendosi impegnata con l’Unione Europea a ridurre il deficit pubblico esploso negli ultimi anni. E così negli ultimi due anni sono arrivate nuove tasse, tagli alla spesa pubblica per quasi 30 miliardi di euro, riduzione del numero dei dipendenti pubblici e dei loro stipendi , riforma del mercato del lavoro nell’ottica di una maggiore flessibilità. E pensare che potrebbe essere solo un antipasto e che un destino non molto diverso potrebbe riguardare anche noi. Le avvisaglie non mancano.

Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/10/15/aiuti-ue-da-atene-a-dublino-montagna-di-soldi-alle-banche-ai-cittadini-vessazioni/381833/.   

  

Allarme rosso. La Bce dice di abbassare i salari

di Sergio Cararo - Contropiano 


Allarme! Un nuovo diktat è nell’aria. Un rapporto della Bce ritiene che l'adeguamento salariale nei paesi dell'Eurozona è stato relativamente limitato nonostante la gravità della recessione e l’aumento della disoccupazione. Tradotto in soldoni: i salari sono troppo alti e vanno abbassati.  

In un tale contesto secondo la Bce "una risposta flessibile delle retribuzioni dovrebbe essere un'importante priorità". I tecnocrati di Francoforte argomentano il loro nuovo diktat ai governi con motivazioni che mettono i brividi.

Secondo l’analisi della Bce durante la crisi i salari reali sono aumentati nell'area euro, presumibilmente come riflesso di uno spostamento dell'occupazione verso lavori a salario più alto, i quali sarebbero maggiormente tutelati. In un altro riquadro viene messo a confronto l'andamento della disoccupazione nell’Eurozona con quello negli Usa: complessivamente l'aumento dei senza lavoro nei paesi europei è stato più contenuto: 4 punti percentuali contro i 4,8 punti degli Usa.

Ma all’inizio del 2010 in entrambe le aree veniva registrato un tasso di disoccupazione attorno al 10 per cento, da allora gli andamenti si sono discostati: calo negli Usa mentre nell'area euro hanno continuato a salire. E così oggi nell'Eurozona i disoccupati superano l'11% mentre negli Stati Uniti sono attorno all'8%. Anche perché la stessa Bce rileva che l'area dell'euro ha perso 4 milioni di occupati tra 2008 e fine 2011, non solo ma "l'occupazione è diminuita ulteriormente nella prima metà del 2012 - si legge poi nel capitolo sulla situazione nel mercato del lavoro - mentre la disoccupazione ha continuato ad aumentare".

Questa valutazione preliminare serve alla Bce per giungere alle considerazioni sui salari e sulle "rigidità" nel mercato del lavoro dell’Eurozona. Tenuto conto dell'intensità della crisi, “la risposta dei salari nell’area dell`euro sembra essere stata piuttosto contenuta - si legge - per effetto della generale rigidità salariale”. In questo quadro secondo la Bce serve più flessibilità sui salari anche per agevolare la necessaria riallocazione settoriale che prelude alla creazione di posti di lavoro e alla riduzione della disoccupazione. E chiaramente questo richiede ulteriori e significative “riforme del mercato del lavoro nei paesi dell'area”, riforme che i tecnocrati di Francoforte ritengono “un elemento fondamentale per una solida ripresa economica nelle economie”, che dovrebbe altresì facilitare ulteriori effetti di propagazione positivi relativi alla correzione e prevenzione degli squilibri macroeconomici, il riequilibrio dei conti e la stabilità finanziaria.

La Bce poi cita come esempi positivi (sic!) i paesi europei in cui le “riforme” sono state già fatte, e tra questi figurano anche Italia e Spagna che "recentemente hanno adottato riforme del mercato del lavoro al fine di accrescere la flessibilità e l'occupazione". Ma i risultati ci dicono esattamente il contrario in entrambi i paesi.

(11 ottobre 2012)
Fonte: http://www.contropiano.org/it/news-politica/item/11783-allarme-rosso-la-bce-dice-di-abbassare-i-salari
     

lunedì 8 ottobre 2012

Fondo salva stati ESM: un modo per uccidere il futuro dell’Italia







GUEST POST: Italia schiavizzata dal fondo Salva Stati . Ma nessuno se ne rende conto

La dottoressa Lidia Undiemi  è un personaggio che pochi di voi conosceranno, ma che ormai da un po’ di tempo si sta muovendo per dare agli italiani dei messaggi, quei messaggi che il sistema ci nasconde e che per lo più ignoriamo. Insomma, una visione alternativa del nostro mondo, mettendo a nudo quelle anomalie che poi, un giorno pagheremo a caro prezzo.
Ancora nessuno ha spiegato alla gente, agli italiani, cosa sia l’ESM (European Stability Mechanism), cosa comporti e quali saranno le conseguenze nell’immediato. Il costituendo strumento economico internazionale, che avrà sede in Lussemburgo, non a caso, prevede l’immunità assoluta per tutti i componenti del proprio organigramma, la segretezza per ogni suo atto,e la libertà d’azione totale. La prima conseguenza per l’Italia sarà quella di cedere la propria sovranità economica e quindi politica. Poi dovrà pagare la “quota” d’adesione,che sarà di appena 125 miliardi di euro ( Dove prenderà Monti questi soldi?) ed inoltre acconsentirà al fatto che dei privati possano intervenire nell’imposizione delle regole economiche nazionali (tasse, manovre, etc.). Il tempo rimasto è pochissimo e bisogna impedire che il Parlamento ed il Senato ratifichino l’ingresso dell’Italia. la discussione verrà introdotta tra pochissimo tempo.
Ma il guaio è anche un altro: tutta la politica, quella italiana e quella europea, rema dalla stessa parte. Tutti sanno e nessuno dice. L’autodeterminazione di un popolo lo rende sovrano e fino a quando la Costituzione salvaguarderà i diritti, i nostri diritti, di cittadini ed esseri umani liberi, noi saremo sempre in prima linea a combattere ogni forma d’abuso. Questo articolo verrà diramato anche alla stampa estera, affinché tutti possano avere nozione ed acquisire i suoi contenuti. L’economista Lidia Undiemi si sta esponendo in prima persona, e noi con lei. Ci apprestiamo anche a pubblicare un dossier completo con tutti i passaggi che hanno portato all’ESM ed alla sua natura perversa. (Source: Palermo Report) 

Dossier sulla gestione del fondo “salva-stati ESM” di Lidia Undiemi (Scarica il PDF)
Nuovo trattato ESM – 2 febbraio 2012 (Scarica il PDF)
Vecchio trattato ESM – 11 luglio 2011 (Scarica il PDF) 

Vi lascio il video della Dottoressa Undiemi. Ovviamente i commenti sono a Vs disposizione e, se tutto va bene, avremo anche la partecipazione della stessa dottoressa nella discussione, in modo da creare un Forum attivo e costruttivo. Buona visione.