di Margherita Furlan - 14 febbraio 2014
Alternativa,
laboratorio politico culturale internazionale fondato da Giulietto
Chiesa, ha organizzato sabato 1° febbraio a Pordenone, nella
centralissima Piazzetta Cavour, un sit in per appoggiare tutti i
magistrati che sacrificano quotidianamente la propria vita dentro e
fuori le aule dei tribunali nella lotta alla mafia. L’evento ha visto la
stretta collaborazione, nell’organizzazione e nelle finalità, del
movimento Agende Rosse di Salvatore Borsellino, dell’Associazione
Culturale Il Sicomoro di Pordenone, di Azione Civile, movimento politico
che ha come leader l’ex pubblico ministero dottor Antonio Ingroia.
Numerosa
la partecipazione della cittadinanza nonostante il maltempo e la
copiosa pioggia che ha cessato di cadere solo per il tempo necessario
alla manifestazione, come d’incanto.
Il 27 maggio 2013 si è svolta a Palermo la prima udienza del processo
sulla trattativa Stato Mafia che vede come imputati i capimafia Totò Riina e Bernardo Provenzano, ma anche gli ex ufficiali del Ros Mario Mori e Antonio Subranni, i senatori Marcello Dell'Utri e Calogero Mannino, accusati di attentato a un corpo politico, l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino, che risponde per falsa testimonianza, Giovanni Conso, Adalberto Capriotti e Giuseppe Gargani
per aver fornito false informazioni ai pubblici ministeri. Oggetto
della trattativa che avrebbe portato anche alle stragi di Capaci e Via
D’Amelio, uccidendo Falcone, Borsellino e le loro scorte, il “papello”
che, con dodici richieste allo Stato da Cosa nostra, allora comandata
dallo stesso Riina, passò attraverso le mani di Vito Ciancimino.
I
magistrati impegnati nella ricerca della verità su una tragica stagione
che ha cambiato le sorti della storia italiana sono vittime di minacce
di morte provenienti dagli ambienti della criminalità organizzata e
sovente le istituzioni non rispondono adeguatamente alle esigenze di
protezione di cui necessitano.
Dinanzi alla profonda preoccupazione
per la sorte dei magistrati Principato, Scarpinato, Gozzo, Viola,
Torondo, Sabella, Di Matteo, Teresi, Del Bene, Tartaglia, i cittadini a
Pordenone si sono uniti in una manifestazione pacifica sotto l’egida
della cultura della giustizia e della legalità, nell’accezione della
convivenza civile e del rifiuto alla sopraffazione. Esiste una parte
sana della società che non solo chiede venga fatta piena luce sullo
stragismo mafioso e le presunte convergenze d’interessi fra pezzi dello
Stato e criminalità organizzata, ma che risponde alle minacce della
mafia dichiarando apertamente la volontà di coprire i segni di debolezza
delle istituzioni dinanzi alla mafia.
Di recente Nino Di Matteo,
sostituto procuratore presso il Tribunale di Palermo, è stato vittima
delle minacce di morte presenti nelle dichiarazioni di Totò Riina,
intercettate nel carcere di Opera. In queste ultime lo stesso Antonio
Ingroia ha ravvisato un “nuovo papello” (ndr Il Fatto Quotidino,
31.01.2014).
I cittadini chiedono affinchè sia completamente attuata
la democrazia che venga dichiarata la verità su uno dei periodi più
sanguinosi e oscuri del dopoguerra italiano che si approntino, senza
indugio, tutti i mezzi a disposizione per tutelare al meglio la vita dei
magistrati che indagano sulla trattativa e sulla mafia.
Le
associazioni aderenti all’iniziativa, unite dagli alti valori e principi
sanciti nella Costituzione della Repubblica Italiana, chiedono al
Ministero degli Interni l’assegnazione a Nino Di Matteo del Bomb Jammer,
dispositivo di disinnesco elettronico delle bombe telecomandate a
distanza, di cui è già dotato per motivi istituzionali il Presidente
Napolitano. Nello stesso tempo, viene fatta richiesta al CSM di revocare
il provvedimento disciplinare indetto nei confronti del magistrato, per
non ripercorrere in toto una storia già vista nei decenni scorsi.
In
nome della giustizia, della verità, della democrazia, della libertà i
cittadini italiani si sono uniti ancora una volta e tante altre lo
faranno. Ogni volta si sviluppano riflessione e consapevolezza e le
radici di una nuova società libera dal sopruso e dalla disinformazione
si strutturano e fortificano.
Foto © Castolo Giannini
fonte: antimafiaduemila.
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