Intervista al leader di Rivoluzione Civile a cura di Lorenzo Baldo - Antimafia Duemila.
“Per
ogni sogno calpestato ogni volta che hai creduto in quel sudore che ora
bagna la tua schiena. Abbraccia questo vento e sentirai che il mio
respiro è più sereno. Io non ho paura”. Le parole della canzone
di Fiorella Mannoia, inno ufficiale del movimento Rivoluzione Civile,
racchiudono uno dei punti cardine della lista di Antonio Ingroia: il
coraggio. Il coraggio di mettersi in gioco, di andare controcorrente,
contro quei poteri forti che l’ex magistrato ben conosce e che ora si
ritrova ad affrontare in una nuova veste. Quei “sistemi criminali” che
attanagliano la nostra fragile democrazia mal tollerano la discesa in
politica dell’ex procuratore aggiunto di Palermo, così come quel
centrosinistra noto per aver inciuciato amabilmente con Berlusconi prima
e con Monti poi.
Dietro le quinte
Cosa Nostra e tutte le altre organizzazioni criminali connesse osservano
un popolo che si appresta ad andare a votare, un popolo che per certi
versi ha perduto la dignità dei nostri padri costituenti.
La
speranza di un’inversione di rotta cammina sulle gambe di uomini e
donne che non intendono arrendersi ad una politica connivente con la
mafia. Che non intendono cedere ai richiami di chi vuole andare in
Parlamento solo per “distruggere” creando così una strategia del caos
tanto cara a chi vuole destabilizzare il nostro Paese. La rivoluzione
civile di Antonio Ingroia si appresta quindi a varcare la soglia dei
palazzi del potere. Le potenzialità per cambiare lo stato delle cose ci
sono tutte e il coraggio non manca.
Uno
degli obiettivi principali del suo programma è l’eliminazione della
mafia, quali sono gli aspetti prioritari per realizzarlo e quali sono
gli ostacoli più difficili da superare?
Servono
innanzitutto misure urgenti. Occorre avere un programma che contenga
provvedimenti a breve scadenza, a medio e lungo termine. Sappiamo bene
che la mafia non si può eliminare da un giorno all’altro. Per eliminarla
definitivamente bisogna progettare una strategia d’attacco. Gli
ostacoli vengono soprattutto dalla politica e da tutta la classe
dirigente che ha fatto una scelta di convivenza con la mafia. La
politica antimafia italiana è sempre stata di convivenza, a prescindere
dalle collocazioni politiche. Ci sono state formazioni politiche più
indulgenti con la mafia e linee politiche più ferme, ma nessuna ha mai
avuto come obiettivo quello di eliminarla. Siamo consapevoli che il
contrasto principale è quello di superare questa impostazione secolare
politico-culturale del ceto politico e della classe dirigente italiana.
Andiamo per ordine
Le
mafie bisogna colpirle nella loro struttura militare, nel cuore
finanziario e nei legami con la politica e con le istituzioni. Sul piano
militare occorre innanzitutto restituire uomini, finanziamenti e forze
agli organismi impegnati sul territorio, a partire dalla magistratura
(che spesso ha operato e opera in situazioni di difficoltà con i tagli
della giustizia ecc.) fino ad arrivare alle forze di polizia. Negli
ultimi anni abbiamo assistito a dei tagli progressivi incredibili che
hanno colpito soprattutto la forza di polizia che era stata pensata da
Giovanni Falcone come “braccio destro” della magistratura italiana e
cioè la direzione investigativa antimafia. Oggi la Dia è la controfigura
del modello pensato da Giovanni Falcone. Bisogna restituirle fondi,
uomini e motivazione. Secondo la sua ispirazione primaria doveva essere
la polizia d'eccellenza contro la mafia. Per quanto riguarda l’azione di
contrasto al cuore finanziario della mafia riteniamo fondamentale il
potenziamento della nostra proposta di legge Ingroia-La Torre (una
prosecuzione della legge Rognoni-La Torre, ndr) con la quale ci
prefiggiamo di confiscare i patrimoni non solo ai mafiosi e ai loro
complici, ma anche ai corrotti e agli evasori fiscali. Attraverso
meccanismi di semplificazione delle procedure che consentano di
accorciare i tempi del processo e quelli tra l’inizio delle indagini, il
sequestro, la confisca definitiva e il riutilizzo del bene a fini
sociali. Questo ufficio di nuova istituzione dovrà essere dotato di
uomini, mezzi, personale specializzato e strumenti per un’aggressione
ancora più efficiente nei confronti dei patrimoni dei mafiosi. E
soprattutto dovrà prevedere quello che oggi non viene contemplato in
maniera chiara (al di là del fatto che la magistratura lo stia attuando
pur senza il supporto adeguato) e cioè che possano essere sottoposti
alla confisca non solo i beni appartenenti ai mafiosi, ma anche quelli
appartenenti ai concorrenti esterni, ai complici della mafia, ai
riciclatori e a tutti coloro che ruotano attorno a questa galassia,
politici collusi con la mafia in primis. Allo stesso modo bisogna
puntare al reato dell’autoriciclaggio e al testo unico antiriciclaggio.
Il nodo centrale è indubbiamente il rapporto mafia-politica
Per
recidere i legami mafia-politica è fondamentale che venga punito anche
lo scambio politico-elettorale nel quale il politico promette non solo
denaro, ma anche altre utilità, così come recitava il testo originario
della proposta di legge. In questo modo si potranno punire e contrastare
gli accordi pre-elettorali politico-mafiosi lasciando la magistratura
meno disarmata rispetto a quanto accade oggi nei confronti di certi
patti politico-elettorali con la mafia. Quegli stessi accordi che tanti
politici stanno stringendo in questo momento, soprattutto in questi
ultimi giorni di campagna elettorale. Noi proponiamo l’introduzione per
legge dell’incandidabilità di chi è stato rinviato a giudizio (o che ha
ricevuto un provvedimento di custodia cautelare) per reati gravissimi:
da quelli di mafia a quelli contro la pubblica amministrazione come la
corruzione.
A
tal proposito lei ha dichiarato che per quanto riguarda i gravi indizi
di tangenti si dovrà disporre prima il sequestro e poi la confisca
qualora i patrimoni accertati siano spropositati rispetto al reddito
dichiarato. Questa sua proposta ha sortito l’effetto di scatenare in
rete alcuni commenti di cittadini preoccupati che tutto ciò possa
portare ad una sorta di Stato di polizia, come replica a queste
critiche?
La
Corte Costituzionale si è già pronunciata diverse volte sulla questione
dichiarando che la legge originale Rognoni-La Torre è perfettamente in
linea con i principi costituzionali. Da parte nostra affermiamo che la
stessa procedura e gli stessi standard probatori (che oggi si applicano
nei confronti dei patrimoni di coloro i quali sono gravemente indiziati
di appartenere all’associazione mafiosa) debbano essere applicati anche a
coloro che sono gravemente indiziati di collusione con la mafia,
gravemente indiziati di corruzione e gravemente indiziati di grande
evasione fiscale. Non vedo perché i patrimoni dei mafiosi debbano essere
sottoposti ad un trattamento più sfavorevole rispetto a quelli dei
corrotti.
Sono
stato in giro per il mondo ad esportare le idee italiane sul contrasto
al crimine organizzato, ho lavorato in Guatemala per due mesi e sono
stato in Messico tante volte, sono Paesi del mondo che hanno a che fare
con un crimine organizzato altrettanto endemico come in Italia. In
tutti questi Paesi questa nostra proposta viene considerata un modello a
cui ispirarsi, altro che Stato di polizia!
Lo
scorso anno, da magistrato, ha detto di essere arrivato all’anticamera
della verità, nella sua nuova veste politica lei ha ipotizzato la
creazione di una commissione parlamentare sulle stragi del ’92 e del
’93, quanto può ambire a contribuire alla ricerca della verità su quel
biennio stragista una simile commissione? E soprattutto come si può
evitare che si ripetano gli epiloghi ingloriosi di diverse commissioni
parlamentari?
La
politica è colpevole e responsabile di troppi silenzi, troppe
omissioni, troppe reticenze e di troppe resistenze sull’uscio della
stanza della verità, sulle stagioni buie della storia del nostro Paese.
Noi vogliamo una politica degna di questo nome che invece accompagni la
magistratura nella stanza della verità e che la sostenga. Credo che vada
innanzitutto preservata la totale autonomia indipendenza e libertà
della magistratura. La magistratura deve essere aiutata con un sostegno
politico, con buone leggi, senza mettere in piedi quelle infami campagne
di stampa e di denigrazione contro la Procura di Palermo che troppo a
lungo sono state imbastite proprio per ostacolare la ricerca della
verità. Di fronte ai profili di responsabilità politica è la stessa
politica a dover fare la sua parte. L’ultima commissione parlamentare
antimafia che aveva destato qualche speranza è stata invece l’ennesima
delusione. La relazione finale del presidente Pisanu si è conclusa con
una sostanziale auto assoluzione da parte del ceto politico che si è
eretto a giudice di se stesso affermando che non c’erano mandanti
politici (nella trattativa Stato-mafia, ndr). Sarebbe davvero scandaloso
e vergognoso se dovesse esserci una commissione di inchiesta sulle
stragi e sulla trattativa Stato-mafia che dovesse ripetere una
sceneggiata come quella della commissione antimafia di Pisanu. Credo che
occorra una commissione d’inchiesta seria della quale ci facciamo
promotori purché si vada fino in fondo. Nel momento in cui ci rendessimo
conto che non c’è una effettiva volontà politica di andare fino in
fondo saremmo i primi a dimetterci da questa commissione d’inchiesta.
Per
quanto riguarda gli scandali finanziari d’Oltretevere come è possibile
invertire la tendenza di quella che lei stesso ha definito “la slealtà
bancaria del Vaticano”?
Credo
che la storia della finanza vaticana sia una storia spesso torbida ed
oscura al centro di interessi ed intrecci che a volte sono stati veri e
propri interessi criminali. Coraggiosa era stata la presa di posizione –
troppo presto rientrata – di Papa Ratzinger che voleva dare una
maggiore trasparenza e un allineamento della finanza vaticana rispetto
agli standard internazionali. La questione è che la finanza vaticana non
si ispira a questi criteri di trasparenza finanziaria. I poteri di
controllo, a cominciare dal Governo, hanno sempre guardato “dall’altro
lato” perché la politica italiana non è una politica libera dai poteri
forti e certamente il Vaticano rappresenta un potere forte. Quando
saremo in Parlamento lavoreremo affinché ci siano controlli più
stringenti. Chiederemo al Vaticano di essere all’altezza di quanto
dovrebbe essere un’istituzione ecclesiastica, sia pure impegnata in
attività finanziarie, per essere un modello di etica. L’etica in finanza
significa trasparenza. Persino ciò che lo Stato italiano dà alla Chiesa
Cattolica attraverso l’8 per mille viene destinato dal Vaticano ai
circuiti finanziari esteri non è all’insegna della lealtà nei confronti
del sistema bancario italiano né tanto meno all’insegna della
trasparenza finanziaria. E’ chiaro che nel momento in cui un flusso di
provenienza lecita arriva all’estero ha ottime possibilità di
mimetizzarsi con flussi di provenienza dubbia che potrebbero rientrare
mascherati come quelli che erano legittimamente usciti dall’Italia
perché provenienti dall’8 per mille. Così non va bene. Dobbiamo imporre
una tracciabilità finanziaria su tutti i flussi finanziari, anche sulla
finanza vaticana.
Recentemente lei ha parlato anche del rischio che l’Italia venga definitivamente divorata da tangentopoli.
L’Italia
è purtroppo una tangentopoli a cielo aperto che ormai si è diffusa
capillarmente su tutto il territorio nazionale. La prima tangentopoli
degli anni ’90 era organizzata attorno al sistema dei partiti, oggi
invece ogni angolo del potere si alimenta con la corruzione. Siamo
arrivati al punto che uno dei gruppi imprenditoriali più importanti
della realtà economica italiana come Finmeccanica, così come ha scritto
il gip di Busto Arsizio, finisce per improntare la sua “filosofia
aziendale” al “dio tangente” e al “dio mazzetta”. Quando la tangente
diventa “filosofia aziendale” è il momento in cui la corruzione diventa
definitivamente sistema e questo non lo dico io (accusato dai miei
avversari politici di essere un fanatico giustizialista), ma lo dice un
magistrato certamente serio e competente che non suole mai usare toni
alti come il presidente della Corte dei Conti che qualche giorno fa ha
parlato della “corruzione sistemica” quale principale freno a livello
economico. L’Italia è sull’orlo del baratro, di una crisi
economico-finanziaria che è frutto di una crisi politico-istituzionale
e, a sua volta, di una crisi etico-morale. La classe dirigente italiana
ha fatto delle pratiche illegali la sua filosofia e la sua pratica
quotidiana. Per contrastare tutto ciò occorrono leggi efficienti,
occorre una terapia d’urto. Innanzitutto si deve introdurre una legge
anticorruzione che sia all’altezza dell’emergenza corruzione. Certamente
il ddl anticorruzione approvato dal Governo Monti non è all’altezza,
anzi si tratta di una legge che ha peggiorato l’efficienza della
legislazione in materia, ne portano la responsabilità Monti e i partiti
Pdl e Pd che hanno sostenuto il suo Governo fino a qualche giorno fa.
Terapia d’urto significa anche cacciare via questa classe dirigente
responsabile dell’emergenza in cui si trova oggi l’Italia. Il nostro
Paese è in coma anche se non è un coma irreversibile, ma per salvarlo
bisognare cacciare via dalla stanza del potere questa classe dirigente.
Per
quanto riguarda la politica estera come può incidere il programma di
Rivoluzione Civile all’interno dello scacchiere internazionale?
Innanzitutto
restituendo contenuto ed efficacia all’articolo 11 della Costituzione:
l’Italia ripudia la guerra come strumento di risoluzione dei contrasti e
non usa la guerra come strumento di politica internazionale. L’Italia
deve tornare ad essere effettivamente, e non a parole, nazione di pace, e
per dimostrarlo deve essere consequenziale: ritirare immediatamente le
truppe impegnate in operazioni militari all’estero a cominciare da
quelle che sono ora in Afghanistan; revocare la delibera di
partecipazione all’intervento in Mali che viene presentata agli italiani
– ingannandoli – come un’operazione di pubblica sicurezza e invece è un
intervento militare a tutti gli effetti. Vanno cancellate le spese per i
cacciabombardieri F35, una spesa inutile che grava sulle casse dello
Stato, per altro per armamenti difettosi. Vanno tagliate in generale le
spese militari. In Italia si stanno invece cancellando le spese allo
stato sociale, nel campo della solidarietà, della scuola,
dell’università, della sanità ecc. Si sono tagliati in modo vertiginoso
le spese al comparto giustizia, al comparto sicurezza. E’
incomprensibile che invece rispetto alle spese militari si sia fatto
esattamente il contrario in quanto negli ultimi anni la spesa militare è
addirittura aumentata. Vogliamo rovesciare questo rapporto per tornare
a parlare di politica internazionale e che l’Italia abbia un nuovo
protagonismo. Da un lato per la pace, dall’altro per la cooperazione
internazionale in favore della soluzione dei problemi della Comunità
internazionale, a cominciare dai settori nei quali l’Italia può dare
molto anche in termine di esperienza come la lotta contro la criminalità
organizzata che a tutti gli effetti è criminalità internazionale e
transnazionale. A livello europeo noi siamo per un’Europa diametralmente
diversa da quella che oggi detta legge. L’Europa di oggi è quella dei
potentati finanziari ed economici, dell’alta finanza che detta le regole
ai governi dei Paesi nazionali. Invece vogliamo un’Europa che sia
secondo i principi ispiratori dei padri dell’Europa da Altiero Spinelli
in poi, un’Europa dei popoli, dei diritti e della solidarietà. In questa
nostra ambizione di rivoluzionari non vogliamo solo cambiare l’Italia,
vogliamo cambiare anche l’Europa.
Spesso
si dice che ogni popolo ha il governo che si merita, perché secondo lei
il popolo italiano permette ciclicamente a politicanti come Berlusconi
di ipotecare il loro futuro?
E’
accaduto per due ragioni principali: in primo luogo perché uomini come
Berlusconi hanno tenuto saldamente nelle mani alcuni poteri che potevano
facilmente influenzare l’intera opinione pubblica, a cominciare dal
monopolio dell’informazione; in secondo luogo per l’incapacità
dell’opposizione di riuscire a portare avanti una proposta politica
unitaria e davvero alternativa a quella di Berlusconi. I governi di
centrosinistra non sono mai stati capaci di annullare definitivamente
quello che Berlusconi aveva costruito. Non sono mai stati capaci di fare
una legge sul conflitto di interessi, non sono mai stati capaci di fare
una legislazione antimafia che colpisse al cuore il potere delle mafie,
non sono mai stati capaci di fare una legislazione anti casta e anti
corruzione. La verità è che sono due facce della stessa medaglia,
espressione della stessa classe dirigente che va cacciata via.
Foto © Matteo Gozzi
ARTICOLI CORRELATI
Il programma di Governo Antimafia di Antonio Ingroia
Rivoluzione Civile: www.rivoluzionecivile.it
fonte:
Nessun commento:
Posta un commento